Libano: popolo in rivolta contro la WhatsApp Tax

WhatsApp, la piattaforma di messaggistica istantanea più diffusa al mondo, ha assunto un ruolo fondamentale in quella che possiamo definire società digitale. Essa ha dato la possibilità ai propri utenti di scambiare messaggi di testo, immagini, video e molto altro in modo rapido e completamente gratuito. Grazie a queste caratteristiche, WhatsApp è riuscita rapidamente a sostituire l’utilizzo dell’SMS (Short Message Service), ovvero il servizio a pagamento di telefonia mobile che permette di inviare brevi messaggi di testo.

Dato il ruolo centrale che WhatsApp ricopre oggi nel mondo della comunicazione digitale, l’idea di tassare i servizi offerti da questa piattaforma non è ben vista dalle popolazioni di tutto il mondo, come dimostra la protesta scoppiata in Libano lo scorso ottobre.

WhatsApp: storia e statistiche

WhatsApp nasce nel 2009 grazie a Jan Koum e Brian Acton, due ex impiegati della società informatica Yahoo!. Nel febbraio 2014 l’applicazione è stata acquistata dal gruppo Facebook Inc. per 19 miliardi di dollari. In seguito a questa storica acquisizione, WhatsApp è riuscita ad ampliare le proprie funzioni, introducendo la possibilità di effettuare chiamate e videochiamate.

Già nel 2014 WhatsApp risultava essere la prima l’app di messaggistica per diffusione a livello globale, con ben 600 milioni di utenti attivi in tutto il mondo. Nel 2019 il loro numero è salito addirittura a 1 miliardo e 600 milioni, portando WhatsApp a essere la terza applicazione per Android più scaricata al mondo. È degli ultimi giorni la notizia secondo cui l’applicazione avrebbe raggiunto i 2 miliardi di utenti.
L’app viene utilizzata in ben 180 paesi, mentre è stata vietata in dodici stati, tra cui la Cina. Si calcola che ogni giorno vengano effettuate 55 miliardi di videochiamate e vengano inviati 65 miliardi di messaggi (29 milioni al minuto) attraverso questa piattaforma. Gli utenti attivi che utilizzano WhatsApp tutti i giorni si attestano intorno ai 300 milioni.

È dunque evidente l’enorme importanza di WhatsApp nell’odierno mondo della comunicazione; un ruolo dominante, ottenuto grazie alla semplicità e all’utilità di questa applicazione, ma soprattutto ai suoi bassi costi. Inoltre questa piattaforma ha contribuito a facilitare i contatti tra persone che vivono molto lontane tra loro. Tutto ciò fa comprendere perché l’idea di tassare i servizi offerti da WhatsApp non sia accettata dai suoi utenti, come è accaduto in Libano.

Libano: proposta una tassa su WhatsApp

Il Libano, un piccolo stato affacciato sul mar Mediterraneo e confinante con la Siria e Israele, sta affrontando da anni un’importante crisi economica, che ha portato il Paese a un aumento esponenziale del suo debito pubblico. Questo si attesta intorno gli 86 miliardi di dollari, pari al 150% del PIL prodotto dal Paese.

Così, nel tentativo di risanare le casse dello Stato, il primo ministro libanese Saad Hariri ha pensato di inserire nella Legge di Bilancio 2020, oltre a nuove tasse su tabacco e benzina, un’imposta su WhatsApp, FaceTime e Messenger. La proposta prevedeva una commissione di 20 centesimi al giorno sulle comunicazioni online, corrispondenti a 6 euro al mese. Secondo le stime del Governo libanese, questa tassa sui servizi VoIP (Voice over Internet Protocol, ovvero le piattaforme che permettono di telefonare tramite una connessione Internet), avrebbe portato nelle casse delle Stato almeno 200 milioni di dollari all’anno, dato che la quasi totalità della popolazione libanese utilizza quotidianamente WhatsApp e piattaforme simili. Infatti, secondo una ricerca condotta nel 2018 dal Pew Research Center:

  • L’84% della popolazione libanese utilizza WhatsApp;
  • Di cui il 98% se si considerano solamente gli under 30.

La protesta della popolazione libanese

Questa manovra economica è stata annunciata lo scorso 17 ottobre, scatenando immediatamente la reazione della popolazione libanese, che ha dato vita ad una violenta protesta, iniziata con un sit-in davanti alla sede del Governo libanese, per poi diffondersi a macchia d’olio nelle aree periferiche del Paese. I manifestanti hanno bloccato le strade di Beirut, capitale del Libano, e di altre importanti città, come Sidone, Tripoli e Bekaa, e appiccato fuochi sulle carreggiate invocando a gran voce la caduta del regime.

Vista la forte reazione dei libanesi, il Governo di Beirut ha immediatamente ritirato la proposta della tassa sui servizi VoIP. Infatti la sera del 18 ottobre il ministro delle Telecomunicazioni, Mohamed Choucair, ha annunciato che:

Il servizio rimarrà disponibile così com’è sempre stato.

Confermando la repentina inversione di rotta del Governo dopo una sola giornata di manifestazioni.

Naturalmente la forte protesta condotta dal popolo libanese nei confronti del regime che governa il Paese va oltre l’applicazione di una tassa su WhatsApp e piattaforme simili; questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sono il carovita, la corruzione, il forte tasso di disoccupazione che hanno portato a questa rivolta, che non si è fermata dopo il ritiro della WhatsApp Tax. Le proteste sono infatti continuate per altri dodici giorni, costringendo il primo ministro Saad Hariri a dimettersi dal suo incarico.

 

A cura di

Valeria Vinzia


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