Privacy e App di messaggistica: i trucchi per aggirarla

Privacy e App di messaggistica: i trucchi per aggirarla

Fin dalla loro prima apparizione, tutte le app di messaggistica studiate per connetterci gli uni con gli altri hanno avuto come caposaldo un principio fondamentale: il mantenimento della nostra privacy. Questo processo avviene mediante numerosi strumenti legali e digitali, a partire dalle leggi. Successivamente, entrano in gioco le funzionalità dell’app stessa che proteggono (o criptano) i nostri messaggi in modo che non possano essere letti da estranei. Ma questa sicurezza è sempre garantita? Oppure esistono trucchi per aggirare la privacy?

 

WhatsApp e i messaggi eliminati

Partiamo dalla più popolare app di messaggistica al mondo: WhatsApp, facente parte del gruppo Meta. Da diversi anni ormai esiste una funzionalità che permette agli utenti di cancellare i messaggi indesiderati: questo garantisce che chiunque abbia accesso alla chat non possa più vedere il testo rimosso, ma il banner “questo messaggio è stato eliminato”. Quello che non tutti sanno è che i messaggi cancellati dalla chat rimangono comunque nello storage del nostro telefono, sotto forma di log criptati.

Nell’App Store di Google sono presenti diverse applicazioni, come WhatsRemoved e Notification History, le quali riescono ad aggirare (legalmente) la privacy legata alle chat, permettendo agli utenti di scovare un messaggio eliminato e leggerlo. Questa funzionalità si limita a decrittare il testo scelto, lasciando protette informazioni più sensibili e non infrangendo, quindi, alcuna norma sulla tutela. Certo è che non tutti apprezzerebbero di essere spiati in questo modo.

 

Telegram e la “Privacy non-Privacy”

Per quanto Telegram sia nota come una delle applicazioni più sicure di sempre, la tutela che offre alla nostra intimità è piuttosto labile. Possiamo effettivamente cancellare ogni traccia di uno o più messaggi? Visibilmente sì, tecnicamente no. Qualsiasi app di messaggistica ha (e avrà) dei log e un cloud in cui vengono stoccate le informazioni per un motivo strettamente legale: solo così le Forze dell’ordine possono avere accesso illimitato ai dati per avviare indagini e scoprire illeciti (come nel caso del terrorismo).

Ha suscitato clamore la notizia di numerosi utenti no vax finiti nel mirino degli inquirenti dopo le minacce a Sergio Mattarella e ad alcuni medici: le loro conversazioni, infatti, sono state sequestrate e analizzate dalla Polizia postale, la quale ha avviato un’ampia inchiesta per trovare i responsabili. Va comunque segnalato che nell’area Termini e Condizioni è presente una voce al riguardo; in fin dei conti, la tutela dell’utente medio (e onesto) passa anche dal controllo delle chat sospette.

 

L’autotutela come strumento di difesa

Veniamo ora ai metodi che possiamo utilizzare per evitare incidenti e diffusioni indesiderate. Considerando che quasi nessuno ama vedere le proprie informazioni sensibili pubblicate in Rete, è necessario attuare misure forti di autotutela in grado di sottrarre dati ed elementi a chi potrebbe farne un uso scorretto. È vero che le leggi nazionali e internazionali possono esserci d’aiuto, ma i tempi della Giustizia sono spesso troppo lunghi e, d’altronde, non è detto che la sentenza sia in favore delle vittime.

Il miglior accorgimento che vogliamo condividere è il seguente: “Non pubblicare ciò che non vuoi sia pubblicato”. Il Web è un luogo grande, complesso e insidioso, nel quale è fin troppo semplice lasciare impronte indelebili a uso e consumo di chiunque abbia esperienza. Se vogliamo evitare che una foto intima rischi di fare il giro degli utenti, è molto più saggio non inviarla in una chat. Meglio allora le care vecchie Polaroid!

 

 

A cura di

Francesco Antoniozzi


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