Black Mirror: fantascienza o realtà?

Black Mirror: fantascienza o realtà?

 

Quanto è presente la tecnologia nella nostra vita?

Negli ultimi anni la tecnologia ha trasformato la nostra vita senza che ce ne rendessimo conto (o quasi). Se un tempo nelle case si potevano trovare come unici dispositivi televisori e radio, oggi è impossibile non trovarne di ogni tipo; quei mezzi che prima erano considerati fantascienza ora sono di uso quotidiano. É evidente che ormai la tecnologia domina la realtà. Ma qual è il suo reale impatto? Proprio su questo si basa la tanto discussa serie televisiva britannica Black Mirror uscita nel 2011. Si tratta di una serie di episodi diversi, ma con un filo conduttore, ossia quello di presentare scenari distopici e il rapporto che il genere umano ha con la tecnologia. L’intento è sconvolgere lo spettatore che si immedesima nei personaggi. Le sensazioni che la visione della serie suscita (bastano anche pochi episodi) sono quelle di inquietudine e ansia. Immaginate il perché?

Black Mirror: fantascienza o realtà?

La serie provoca questi stati d’animo perché mostra come i prodotti tecnologici possono sconvolgere le nostre vite: mostra ciò che pian piano sta accadendo nelle nostre realtà quotidiane, esagerando all’estremo. In ogni episodio vengono presentate diverse tematiche legate alla realtà contemporanea, ad esempio nel terzo episodio della prima stagione, Ricordi Pericolosi, ogni essere umano ha installato dietro l’orecchio un sistema in grado di memorizzare ogni ricordo. Nessuno riesce a fare a meno del chip perché mette in luce i dettagli sfuggiti e permette di rivedere situazioni appena vissute. Pura fantascienza? Sì e no: questo sistema ricorda molto le lenti a contatto ideate da Sony nel 2016 in grado di scattare immagini con una semplice strizzata d’occhio.

Un altro tema inquietante è presentato dall’episodio Nosedive della terza stagione, dove è presente l’ossessione di raggiungere una reputazione positiva sui social network attraverso un punteggio basato sul lavoro, sul reddito e sulla casa. Naturalmente un punteggio più alto presenta dei privilegi. Pensiamo alle aziende che assumono personale solo con un numero alto di follower sui social: questo tipo di meccanismo fa già parte della nostra realtà da tempo.

L’episodio Metalhead in cui il mondo è supervisionato da robot anticipa il sistema del cane robot creato dalla Boston Dynamics che è stato utilizzato per aiutare i medici di Singapore a trattare le persone infette da Coronavirus e per ricordare ai cittadini di mantenere il distanziamento sociale controllando gli assembramenti.

In questa serie dunque gli individui vengono presentati come distaccati dalla realtà, come se la fantascienza prendesse il sopravvento. Se da un lato gli episodi mostrano in alcuni punti un futuro distopico, dall’altro sembrano rappresentare il mondo contemporaneo, come nel caso dell’episodio Shut up and Dance: in questa puntata le persone vengono riprese tramite i loro computer e i video vengono usati per ricattarle invadendo la loro privacy. Vi ricorda qualcosa?

 

Che impatto ha avuto la serie sul pubblico?

Che impatto ha avuto la serie sulle persone? Riflessione o mera critica nei confronti della tecnologia? Siamo tornati a farci trasportare dal flusso digitale controllando compulsivamente i like alle nostre storie di Facebook o Instagram? Sembrerebbe che l’aspetto più sconcertante della serie sia il suo carattere profetico. Infatti, la linea tra fantascienza e realtà è molto sottile; i temi trattati ci toccano davvero molto da vicino. A una lettura più approfondita della serie potremmo renderci conto che ciò di cui dovremmo avere paura non è la tecnologia del futuro, ma l’uso che ne facciamo nel presente.

Basti pensare al cambiamento di atteggiamento della massa nei confronti della tecnologia negli ultimi vent’anni. Se nei primi anni 2000 vi era un atteggiamento di positività nei confronti del progresso tecnologico, adesso si mostra un sentimento di turbamento e di dipendenza nei confronti della tecnologia.

 

Ma come risolvere la questione?

Black Mirror viene percepita come distopica perché è difficile accettare di vivere in una realtà così fatta. Se da un lato spaventa, dall’altro vuole educare: ci rende maggiormente consapevoli del lato oscuro della tecnologia per soffermarci a riflettere sulla realtà contemporanea. I social network hanno un ruolo sempre più invasivo, la privacy non viene rispettata, ma la tecnologia non è il demone. L’uso che ne facciamo è ciò che conta e come in tutte le cose l’eccesso porta al fallimento. Se progredire a livello tecnologico significa regredire da un punto di vista etico, bisogna chiedersi se valga la pena correre il rischio. Solo con consapevolezza, riflessione e educazione digitale possiamo affrontare un futuro distopico che poi tanto distopico non è.

 

 

A cura di

Oriana D’Agostino


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