Il ritorno degli hacktivist

Il ritorno degli hacktivist

Negli ultimi mesi ci sono stati molti più attacchi hacker rispetto al passato. Ciò è stato possibile in larga parte perché le aziende conservano una mole di informazioni ben superiore rispetto a qualche tempo fa: si pensi alle recentissime azioni degli hacktivist come GabLeak (social network di estrema destra) oppure all’attacco alla startup Verkada (attiva nel settore dei sistemi di video sorveglianza).

 

Cos’è l’hacktivism

Il termine deriva dall’unione di due parole inglesi: activism e hacking.

Il termine hacktivism è stato in generale impiegato per indicare le pratiche di coloro i quali, usando Reti e computer, hanno messo in discussione l’operato di governi e multinazionali organizzando petizioni online, virus benevoli, siti web di contro-informazione e altri strumenti per l’accesso di tutti i cittadini alla libera comunicazione elettronica.

Stando a quanto riferito, molti degli attacchi hacker sono spinti da un movente politico oppure ideologico. In alcuni casi gli attacchi vogliono semplicemente essere una dimostrazione pubblica di come la tecnologia possa essere utilizzata contro le persone. 

 

La storia degli hacktivist

Il cyber-hacktivism ricopre a oggi un ruolo importante nella società contemporanea. A suo tempo, era stato Hakim Bey, al secolo Peter Lamborn Wilson a fornire le prime e illuminanti riflessioni su come il pc e internet avrebbero fornito “un’arma” di liberazione e autoliberazione per anarchici e libertari.

Nel 1989 si assistette a uno dei primi esempi di hacktivism. Un gruppo di manifestanti australiani, contrari all’uso dell’energia nucleare, rilasciarono un worm denominato “Worms Against Nuclear Killers” nel sistema informatico della NASA e del Dipartimento dell’energia statunitense.

Successivamente, nel 1996, sul sito del Dipartimento di Giustizia statunitense comparirono immagini pornografiche e il nome del sito venne cambiato in Dipartimento di Ingiustizia.

Fu proprio in quel frangente che venne coniato il termine hacktivism. 

Fra le organizzazioni ancora oggi esistenti, Anonymous è un’organizzazione molto famosa, nota per i suoi attacchi lanciati contro enti governativi, società multinazionali e organizzazioni internazionali. Il movimento origina dalle derive antisistema degli anni Ottanta e fa della tecnologia uno strumento di battaglia politico-sociale. 

Fra le sue vittime più note possiamo ricordare la Chiesa di Scientology. Il gruppo aveva preso di mira anche PayPal, MasterCard e Visa. 

Un altro progetto hacktivista lanciato nel corso degli anni 2000 è stato WikiLeaks. Tale progetto ha l’obiettivo dichiarato di combattere la corruzione. Nel corso degli anni, ha reso pubblici moltissimi documenti secretati e e-mail. Ciò è stato possibile in quanto WikiLeaks riceve in modo anonimo, grazie a un contenitore protetto da un potente sistema di cifratura, documenti coperti da segreto (di Stato, industriale, bancario ecc.) e poi li carica sul proprio sito web. Quasi una sorta di Wikipedia, ma irrintracciabile. 

 

L’hacktivism oggi

L’ultima Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza pubblicata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri conferma che il trend dell’hacktivism è in aumento. 

La minaccia degli hacktivist viene definita come la più consistente attualmente, registrando un aumento del 73% in più rispetto al passato. 

Se la minaccia hacktivista è oggi molto presente, le tecniche utilizzate dagli hacker sono rimaste tendenzialmente sempre uguali nel tempo: SQL Injection, Bug Hunting, spear phishing, web shell, rootkit, azioni preparatorie finalizzate a un attacco e alla propaganda.

Un occhio di riguardo (e di preoccupazione) deve essere rivolto al Dark Web. Com’è noto, nel Dark Web gruppi e singoli attori si incontrano nell’anonimato scambiandosi risorse, mezzi e strumenti, in una convergenza di interessi spesso legata alla massimizzazione di obiettivi comuni.

 

Il futuro degli hacktivist

Considerando il contesto geopolitico attuale, costellato di lotte, ingiustizie e piccole rivoluzioni, gli hacktivist potrebbero percepire il bisogno di far sentire la propria voce con forza ancora maggiore. Questo rischia di provocare un incremento nel numero di violazioni di siti web e di appropriamento dei contenuti e dei dati.

Parte del problema dell’hacktivism, a oggi, risale alla difficoltà di opporsi al fenomeno: nonostante questo esista da più di 25 anni non è mai stato contrastato o affrontato. Come spesso accade, la migliore misura per affrontare un problema è sicuramente l’acquisizione di una maggiore consapevolezza.

 

 

A cura di

Martina Nicelli


FONTI:

CREDITS: