L’impatto di Instagram sugli adolescenti

L’impatto di Instagram sugli adolescenti

La pandemia in corso ha portato a galla problemi della nostra società che per anni abbiamo ignorato. Il lockdown, poi, ha funzionato da stress test per la salute mentale della popolazione e da subito si è notato (com’era prevedibile) un disagio crescente nelle fasce d’età dei più giovani. Disturbi dell’umore, del comportamento e stati ansiosi hanno colpito maggiormente gli adolescenti, come rivelano vari studi condotti nell’ultimo anno e mezzo. Stare chiusi in casa non ha fatto altro che portare alla luce del sole ciò che già stava covando nella mente di molti, per le più disparate ragioni. Tra i tanti motivi, due recenti studi puntano il dito contro Instagram.

 

I due studi

I due studi sono stati prodotti dalla stessa società Facebook (ora Meta), commissionati nel 2019, e avrebbero dovuto rimanere riservati, ad uso dei dipendenti dell’azienda. A settembre, tuttavia, il Wall Street Journal ha pubblicato due presentazioni risultate dalle ricerche, scatenando nuove critiche sul comportamento del colosso di Menlo Park. A questo punto Facebook, cercando di difendere la propria posizione, si è vista costretta a pubblicare le due presentazioni incriminate, disponibili sul sito dell’azienda.

I dati che emergono da questi studi non sono perfettamente coerenti, ma alcuni risultano comunque inquietanti. Si scopre, ad esempio, che circa un terzo delle ragazze adolescenti che non si sentono a loro agio con il proprio corpo pensano che Instagram aggravi il problema. Un altro dato emerso tra gli adolescenti provenienti da Stati Uniti e Gran Bretagna mostra come il 40% dei ragazzi si senta inadeguato a causa di un uso eccessivo di Instagram.

Il social tenderebbe soprattutto ad aggravare la condizione di coloro che già tendono ad avere problemi con la percezione di sé, soprattutto per quanto riguarda le ragazze. Secondo il 15% degli adolescenti, inoltre, provoca disturbi nella qualità del sonno e innalza i livelli di ansia. Addirittura, secondo il 13% degli intervistati provenienti dal Regno Unito che hanno avuto pensieri suicidi, tale gesto sarebbe da compiersi in diretta (o comunque andrebbe pubblicato) su Instagram.

A quanto pare, la scelta di rimuovere il contatore di like adottata dalla piattaforma nel 2019 non ha sortito grandi effetti. Tale decisione era stata infatti presa dopo che alcuni studi avevano dimostrato come quel semplice numero sotto le foto facesse sentire in difetto molti giovani. Com’è noto, oltretutto, il social ha reinserito questa funzione, attualmente come opzionale. Il numero di like, infatti, tende ad alimentare l’uso del social, in quanto usato dagli utenti come indicatore dell’efficacia dei propri contenuti.

 

La reazione di Facebook

La società guidata da Mark Zuckerberg ha subito assunto un atteggiamento difensivo. Pubblicando i rapporti ha infatti insistito sul loro essere incompleti e rivolti a dipendenti che erano a conoscenza dei limiti dei dati riportati. Per chiarire meglio questo punto ha arricchito di note le slide, chiarendo e smorzando alcuni dati. Karina Newton, responsabile dei rapporti con il pubblico, ha dichiarato che, nonostante le esperienze negative che si possono avere su Instagram, il social è capace di connettere persone che altrimenti difficilmente entrerebbero in contatto e portare in primo piano anche chi è emarginato. Gli studi dovrebbero poi dimostrare, sempre secondo la dichiarazione, l’impegno rivolto al comprendere e risolvere i problemi che potrebbero sorgere dall’utilizzo dell’app.

In realtà Instagram non sembra aver fatto molto per risolvere queste criticità, né si è dimostrata aperta alle critiche giunte. In una lunga serie di repliche difensive sul proprio sito, Facebook ha semplicemente messo in mostra i dati positivi. È ovvio, però, che per migliorare l’esperienza sull’app (e la vita) dei propri utenti ci si deve concentrare sulle criticità e su coloro che sono in difficoltà, non cercare di compiacersi per ciò che invece funziona.

Ad oggi, l’unica rivoluzione in vista potrebbe essere la nascita di una nuova versione del social dedicata agli under 13. Insomma, non una vera e propria soluzione delle criticità emerse, quanto piuttosto una nuova potenziale fonte di problemi.

 

I social network e la validazione

I social network, e Instagram in primis per la sua struttura fondata sull’esibizione di sé tramite foto, sono un mondo fondato su quella che è definita validazione sociale e che genera i problemi rivelati dal WSJ. È infatti normale che vedendo una fotografia (molto spesso ritoccata) ci sentiamo inadatti e fin qui non ci sarebbe nessun problema. Tuttavia, nel momento in cui siamo sommersi da queste foto che sembrano tutte uguali, con canoni di bellezza elevati e spesso costruiti ad arte, anche digitalmente, assumiamo come modello tali immagini. Tendiamo a emulare gli altri o quantomeno vorremmo essere come loro. E non è possibile emulare un qualcosa di costruito digitalmente.

Che il modello sia basato su una celebrità o su conoscenti e amici che rispettano questo canone, poco cambia. Finiamo per convincerci che ciò che tutti mostrano sia ciò che tutti dobbiamo essere, in un effetto gregge difficile da evitare, senza capire che ciò che vediamo è un personaggio, una facciata.

Il problema non riguarda poi solo la propria estetica, ma anche mode consumistiche: basti pensare, ad esempio, al periodo degli slime o dei fidget spinner. Molti giovani, o giovanissimi, si sentivano inadeguati per non avere uno di questi gadget. Certo non è una novità dei social: fino a qualche anno fa ci si sentiva inadeguati se non si riusciva a completare un album delle figurine, quando magari i propri compagni non avevano alcuna difficoltà. Ma i social, come sempre, potenziano tendenze già in atto. E se prima il modello da assumere era rappresentato semplicemente da pochi amici e compagni di classe, ora troviamo milioni di TikToker o influencer che mostrano fieramente i propri acquisti. E se non ti adegui, sei tu quello sbagliato. O almeno, è così che ti senti.

 

 

A cura di

Federico Villa


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