Telegram: l’illegalità nei social network

L’illegalità nei social network

Negli ultimi anni le misure di sicurezza introdotte dai principali sistemi di comunicazione istantanea hanno fatto notevoli passi avanti. Il grado di sicurezza di tali applicazioni consente attualmente di ridurre i rischi a livelli fino a pochi anni fa impensabili. Come sempre, c’è un’altra faccia della medaglia: se possiamo tutelare la nostra privacy grazie a tali sistemi, i reati che si possono consumare su queste piattaforme sono difficilmente rintracciabili. Una delle più utilizzate, ultimamente, è Telegram.

 

La sicurezza nei social

I criminali si sono mossi per decenni in rete, trovando di volta in volta nuovi ambienti in cui agire e organizzarsi, con l’obiettivo di sfuggire costantemente all’attenzione delle forze dell’ordine.

Con l’aumento degli utenti connessi a Internet, e un numero sempre maggiore di informazioni riservate trasmesse sul Web, la richiesta di canali di comunicazione sempre più sicuri si è fatta pressante. Per questa ragione, anche la soluzione più diffusa globalmente, WhatsApp, si è dotata della crittografia end-to-end, già presente ad esempio sull’alternativa Telegram. Tramite questa tecnologia, solo il mittente e il destinatario di un messaggio (sia di testo o contenente immagini o audio) sono in grado di leggerlo.

Telegram, soprattutto, ha attirato l’attenzione affermando a più riprese la sicurezza delle sue chat, spesso esagerando su alcuni aspetti. Basti pensare che nella quasi totalità delle piattaforme più diffuse, Telegram compreso, le chat di gruppo non sono provviste di crittografia end-to-end. Eppure, date le vaste possibilità di personalizzazione dei gruppi, il limite di membri molto elevato e le molti funzioni inseribili nelle chat, questa è una delle piattaforme su cui più spesso si ritrovano malintenzionati, per gli scopi più vari.

 

Librerie pirata su Telegram

Uno degli scopi illeciti per cui Telegram è più noto è la diffusione di libri, quotidiani, serie tv o film. Si calcola, tra le “edicole pirata” più diffuse, un totale di circa 580mila iscritti, che spesso vengono poi reindirizzati verso altri canali che forniscono ulteriori materiali illegali, in una sorta di rete della pirateria.

Il numero di iscritti (e di conseguenza di download) è in costante crescita, tanto da destare la preoccupazione della Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG). La Federazione ha infatti richiesto all’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) di sospendere Telegram allo scopo di proteggere il mercato editoriale. Alla richiesta della FIEG ha fatto eco quella dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, che ha chiesto il sequestro di tutti i canali Telegram che attuano tale pratica. Secondo i dati dell’Ordine questo tipo di pirateria comporta danni per 670mila euro al giorno.

Le edicole evolvono poi rapidamente in piattaforme da cui accedere a qualsiasi tipo di media, tra film, libri, album musicali, streaming di eventi sportivi o software. Un anno fa, la Guardia di Finanza ha inferto un duro colpo a tali piattaforme. Con indagini partite in Friuli Venezia Giulia, le forze dell’ordine hanno denunciato quattro esperti informatici ritenuti a capo di questi canali. In totale sono stati oscurati 58 siti web e 18 canali Telegram, tra cui il più importante per dimensioni in Italia.

Nonostante ciò, nell’arco di qualche mese nuovi canali sono tornati operativi, offrendo anche più servizi dei predecessori.

 

Telegram, il nuovo dark web

Telegram, da sempre al limite tra social network e piattaforma di messaggistica, attira sempre di più i cybercriminali perché capace di ampliare il loro bacino di utenti. Se prima per accedere ad alcuni “servizi” illegali era necessario sapersi muovere nel Dark Web, oggi chiunque sappia utilizzare un app di messaggistica è in grado (almeno potenzialmente) di ottenere illegalmente dati, quali informazioni sensibili o credenziali ottenute con metodi criminali.

Il mercato del cybercrimine diventa quindi sempre più simile a una piattaforma di e-commerce, istantaneamente raggiungibile e facilmente utilizzabile, senza la necessità di possedere conoscenze informatiche avanzate.

Il Dark Web, inoltre, è stato sempre più sorvegliato dalle autorità rispetto alla vastità dei canali Telegram, in crescita sempre più rapida. La piattaforma creata dal russo Pavel Durov ha inoltre tratto benefici dalle modifiche della policy di WhatsApp. Molti utenti si sono insospettiti di fronte a tali cambiamenti, convinti che l’applicazione di proprietà di Facebook non potesse più garantire degli standard relativi alla privacy adeguati.

Va sottolineato, tuttavia, che Telegram non sostiene tali comportamenti sui propri server. Dopo un’inchiesta del Financial Times, il canale accusato di vendere email e password è stato rimosso. Telegram ha inoltre chiarito che ha un regolamento chiaramente contrario alla condivisione di dati illegali senza consenso. Oltre a ciò, dispone di una forza sempre crescente di moderatori che rimuovono oltre 10mila comunità per la violazione dei termini di servizio.

 

A cura di

Federico Villa


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