Web3

Web3 

Web1 Web2 e Web3

C’era una volta il Web 1, e poi il Web 2 e oggi? Oggi si parla di Web 3.

Il primo nasce con l’avvento di Internet nel 1994, quando non esisteva una connessione così stretta tra aziende e clienti ne tanto meno interazione, è una comunicazione alquanto statica che va in una sola direzione attraverso mezzi come le e-mail, la pubblicità, la linea telefonica e il fax. Il Web 2 è la sua naturale evoluzione: comincia a esserci interazione tra clienti e aziende anche e soprattutto grazie ai social network che permettono agli utenti di commentare e condividere le notizie in tempo reale, creando una vera e propria platea che partecipa attivamente alla vita del Web condividendo la propria opinione. La comunicazione diventa dinamica e la possibilità di connettersi online sempre più veloce, semplicemente tramite l’uso di social come Facebook, Linkedin, Youtube o Twitter.

Il Web3 non ha ancora una definizione precisa, si trova nella sua fase embrionale, è un processo evolutivo in piena costruzione. L’idea del Web3 nasce con l’intento di creare una rete decentralizzata in cui gli utenti possono scambiarsi denaro o informazioni senza l’aiuto di un intermediario. Il sistema si basa su quello delle criptovalute e sulla blockchain; in questo modo sono gli utenti che hanno il controllo sul Web, anche se le criptovalute sono comunque mediate da società che si rivolgono alla Silicon Valley.

Web 3 e Web 2.0

Una differenza da tenere presente è quella tra Web3 e Web 2.0. Il Web 2.0 è il Web semantico, un termine coniato da Tim Berners-Lee la cui funzione è quella di esporre dati su Internet in un formato aperto, leggibile da altre applicazioni. In futuro potrebbe trasformare il Web da un filesystem distribuito in un database distribuito. Invece, quando parliamo di Web3 l’idea più diffusa è quella che si basa sulla blockchain, decentralizzazione dell’accesso al Web ed economia basata su criptovalute e NFT. La sua evoluzione nel futuro sarà costituita da intere piattaforme programmate su smart contracts (un contratto che viene fatto rispettare in base ai meccanismi decentralizzati e immutabili della blockchain), possibile se queste diventano turing-complete (DAO).

Decentraland

Decentraland è una piattaforma in 3D in cui gli utenti possono comprare terreni virtuali con gli NFT pagandoli con la criptovaluta MANA che utilizza la blockchain Etereum. Composta da 23 chilometri di terreno virtuale diviso in 90.601 parcelle è stata creata da Ari Meilich ed Esteban Ordano. É stata sviluppata nel 2015 e lanciata nel 2017 quando un pezzo di terra costava solo 20 dollari. Infatti il costo è salito a dismisura a causa del successo degli NFT e oggi è possibile acquistare terreni il cui costo varia da 6000 a 100.000 dollari. Nel febbraio 2020 viene aperta al pubblico. Basato sul Web3, nel mondo di Decentraland sono gli utenti stessi a creare esperienze, acquistare oggetti digitali e a incontrare nei distretti persone che coltivano gli stessi interessi.

Per entrare in questo mondo virtuale è necessario avere un wallet se si vogliono salvare i progressi fatti e usare anche da dispositivi diversi stesso Avatar e ID utente. Il wallet è un portafoglio che custodisce le criptovalute attraverso la memorizzazione di chiavi pubbliche o private per le transazioni. Dal concetto più generale di identità digitale di cui siamo già abituati a sentir parlare nel Web 2.0 si va verso un concetto più specifico che è la self-sovereign identity che è un sistema che permette agli utenti di avere il pieno controllo della propria identità senza dipendere da terze parti. Molti sistemi SSI si basano su sistemi decentralizzati in cui le credenziali sono gestite tramite un wallet.

Conclusioni

Anche se personalità tech come Elon Musk e il fondatore di Twitter Jack Dorsey non credono molto in questo sistema basato sul Web3 ci sono già moltissimi investitori tra cui aziende come Samsung che ha portato in Decentraland una versione digitale del suo store a Manhattan. Anche le case d’aste Sothebay’s, Atari che gestisce un casinò che ha anche una discoteca e l’Amnesia di Ibiza entrano in questo mondo virtuale.

 

 

 

A cura di

Giulia Rabaioli

 


 

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