8 secondi: Viaggio nell’era della distrazione.

Sapevate che il tempo medio di permanenza di un visitatore davanti ad un quadro è mediamente di otto secondi? Sapevate che un pesce rosso, complice anche la sua natura, riesce a soffermarsi su qualcosa per lo stesso lasso di tempo? Sapevate che il nostro mondo è intrappolato in un loop infinito da cui non riusciamo a liberarci?
Lisa Iotti, scrittrice e inviata di Presa Diretta ci racconta questo e molto altro nel suo nuovo libro, ” pubblicato da Il Saggiatore.

Il cappio digitale

La traduzione letterale di “loop” è letteralmente questa, sebbene accezioni diverse gli attribuiscano il significato di “anello” o “circolo infinito”. In ogni caso, il significato attribuito dall’autrice a questo fenomeno non è per niente positivo. Siamo caduti in una trappola digitale che ormai domina le nostre vite ogni minuto di ogni giorno: l’Iperconnessione, causata dall’abuso costante dei social network e dalla loro invasività.

In media, una persona riceve un messaggio o una notifica ogni otto secondi; che si tratti o meno di un messaggio importante, la nostra mente viene continuamente sbalzata da una parte all’altra, come una pallina durante una partita di tennis. Ogni qualvolta sblocchiamo lo schermo per vedere chi ci ha scritto, entriamo sostanzialmente in un mondo diverso, virtuale, che ci connette costantemente agli altri senza mai poterli toccare.

Lisa Iotti è ben consapevole di questo fenomeno. “Ci siamo dentro tutti” scrive, manifestando un forte pessimismo in materia, ma cercando comunque di darci gli strumenti necessari per allentare un minimo la presa di questo cappio.

La dipendenza

L’aspetto forse più inquietante di questo fenomeno è dovuto ad un’analisi riportata nel testo, secondo cui i social network agiscono sulle aree del nostro cervello collegate all’assunzione di stupefacenti. In pratica, influiscono sulle nostre abitudini come dosi di droga delle quali non possiamo più fare a meno. La cosiddetta “dipendenza da like” è un fenomeno molto studiato e scientificamente provato.

Lo studio si concentra sulla necessità di essere in qualche modo popolari online, cercando costantemente l’approvazione sotto forma di “mi piace”, ma anche cercando un contatto costante con gli altri. Avere uno smartphone a portata di mano è già di per sé una distrazione capace di cambiare radicalmente le nostre abitudini. Ogni qualvolta riceviamo un like, un messaggio o anche un emoticon, il nostro cervello rilascia una piccola quantità di dopamina, donandoci una sensazione di piacere.

La dipendenza viene a crearsi sul lungo periodo, quando la ricerca di attenzioni e gratificazioni diventa una sostanziale ossessione, rendendoci schiavi più o meno inconsapevoli delle realtà digitali in cui viviamo.

La distrazione

Come vi abbiamo già accennato, ricevere una notifica o un messaggio ci porta quasi sempre a interrompere le nostre attività e a concentrarci sui nostri apparecchi elettronici. Se da un lato trascorriamo circa quaranta secondi con lo sguardo su uno schermo, occorrerà quasi mezz’ora al nostro cervello per riprendere il filo del nostro lavoro, intaccando gravemente il risultato finale e causando discontinuità pressoché costanti.

L’autrice ha inserito nel testo una analisi del prof. Levitin, il quale ha parlato della rapida evoluzione terminologica in materia. “Abbiamo smesso di chiamarla distrazione e l’abbiamo trasformata in multitasking”, dice il professore. Questo è stato probabilmente uno dei primi errori da parte nostra, ossia sottovalutare il problema e sdoganarlo come una sorta di abilità innata. La realtà dei fatti mostra invece che la nostra mente cerca costantemente stimoli esterni, una fuga virtuale.

La distrazione, purtroppo, non riguarda solo il nostro lavoro, ma ogni aspetto della nostra vita. Immaginate di essere a cena con qualcuno che prende in mano il telefono ogni minuto, magari nel mezzo di una conversazione. Immaginate di vedere un pedone, con la testa curva sullo schermo, che vi urta perché “non vi ha visti”. O peggio ancora, un automobilista che manda messaggi alla guida e non vede un semaforo.

Guarire

Lisa Lotti ha una visione pessimistica di questo fenomeno. Secondo lei, vittima di questo loop, guarire del tutto è ormai impossibile. Si può tuttavia porre un rimedio parziale alla situazione, cercando di allentare il cappio virtuale e impedirgli di dominare la nostra esistenza. E’ sufficiente disconnettersi per un po’, magari un’ora o due e fare qualcosa di diverso. Leggere, camminare, scrivere… In sostanza “dimenticarsi” dell’esistenza di un universo virtuale che ci intrappola come la gravità di un buco nero.

Dalla dipendenza si può guarire, come dal vizio del fumo.

A cura di

Francesco Antoniozzi


Fonti:

  • Lettura integrale del testo
  • Commento di Francesco Aliberti (Il Fatto Quotidiano)

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