Nella cultura di massa, l’hacker appare come il classico sconosciuto con felpa, cappuccio e maschera di V per Vendetta, seduto in una stanza buia con in mano un portatile, intento a compiere misfatti. Ed è proprio la cultura di massa a trasmettere un messaggio completamente sbagliato al riguardo.
Hacker: definizione
Un hacker (lett. “colui che compone programmi”) altri non è che una persona qualunque con una grande passione per l’informatica e la voglia di scoprire tutto riguardo a essa. Questo si applica sia all’informatica elettronica, quindi circuiti e board, sia all’informatica virtuale.
L’uso costante di questa parola ha fatto sì che il termine venisse associato semplicemente all’idea di di una persona intenta a violare un sistema informatico e a rubare informazioni. Tuttavia, come per qualsiasi altro campo, anche nell’hacking esistono buoni e cattivi, e persino chi preferisce stare nel mezzo. Per questo motivo alcuni “hacker buoni” hanno coniato il termine cracker per distinguersi dai veri e propri pirati informatici.
White, black o grey hat?
Con la distinzione tra hacker buoni e cattivi è automaticamente nata una terminologia applicabile agli uni e altri altri.
Quando si parla di white hat si intendono tutti gli “hacker etici”, ossia coloro che si introducono in un sistema o in una rete con lo scopo di aiutare i proprietari a identificare vulnerabilità e minacce, e quindi di patcharle. Molto spesso queste persone lavorano per diverse compagnie, aziende o privati al fine di proteggerle.
Il black hat, al contrario, è il classico pirata informatico senza scrupoli, quello che usa ogni mezzo per intrufolarsi in una rete al fine di rubare dati o piazzare file pericolosi. Al contrario dei white hats, i black hats possono agire senza tornaconto personale, semplicemente per il gusto di danneggiare qualcosa.
Tra queste due figure si interpongono i grey hats, una via di mezzo. I grey hats sono generalmente hacker etici che talvolta si divertono a violare un sistema o una rete per il gusto della sfida, senza però avere le intenzioni distruttive di un black hat. Per fare un esempio, il white hat viola una rete su richiesta del suo proprietario per scoprire vulnerabilità da patchare, mentre il grey hat lo fa senza esplicito permesso, ma con lo stesso fine (anche sotto pagamento). Negli ultimi anni la pratica del grey hat si è andata riducendo, anche grazie alle nuove leggi aziendali intente a perseguire qualsiasi attività illegale, seppur fatta a fin di bene.
Gli hacker nella cultura di massa
La televisione ha quasi sempre fornito una visione distorta dell’hacking, ponendolo nove volte su dieci sotto una luce fantasiosa e negativa, studiata a tavolino per infondere un senso di minaccia nello spettatore.
Si pensi solamente a tutti i film in cui l’hacker è il tipico cattivo chiuso in un bunker che preme tasti a caso su una tastiera, mentre sullo schermo appaiono immagini futuristiche di sistemi operativi inesistenti.
Uno dei pochi casi in cui gli hackers sono stati visti come brave persone è senza ombra di dubbio il film Matrix (1999).
Invece, la serie televisiva che ha dipinto meglio il vasto e controverso mondo dell’hacking è senza dubbio Mr. Robot (in onda dal 2015), con il premio Oscar Rami Malek nei panni di Elliot Alderson, tecnico informatico di giorno e grey hat di notte. Oltre a mostrare in maniera estensiva i migliori sistemi operativi per imparare l’informatica, la serie si concentra sulla differenza tra etici e non-etici, in un mondo dominato dalle multinazionali criminali.
L’universo dell’hacking è vasto e in continua evoluzione. È imperativo che le persone sappiano con chi hanno a che fare, quali rischi corrono e tutti i mezzi per evitare spiacevoli situazioni con hackers non-etici.
Una maggiore consapevolezza al riguardo aiuterebbe tutti a rendere la rete un posto più sicuro.
A cura di
Francesco Antoniozzi
FONTI:
- Jon Erickson, Hacking: the Art of Exploitation, No Starch Press, 2nd edition, 2008
- It.wikipedia.org
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