Il cinema come mezzo contro il cyberbullismo

Il cyberbullismo è violenza e lo è a tutti gli effetti. La sua prepotenza sta nel colpire tutte quelle categorie considerate più deboli. Ragazzi, adolescenti e persino bambini si ritrovano ogni giorno presi di mira da fantasmi che si celano dietro a grandi e luminosi schermi. È proprio questa invisibilità a essere il vero problema.

Questo fenomeno è ormai noto a tutti. Fin troppo frequente, e allo stesso tempo fin troppo minimizzato. Se ne parla a volte con un sorriso e raramente si considerano i suoi reali pericoli.

Fortunatamente negli ultimi anni il cyberbullismo è stato spesso motivo di discussione. Enti, associazioni e organizzazioni sociali cercano sempre più di proteggere e tutelare chi ne ha bisogno. Quando questo non basta, si deve ricorrere a soluzioni più pratiche, più vicine e – di conseguenza – più comprensibili alla categoria stessa.

Il cinema contro il cyberbullismo

Il cinema, si sa, piace a tutti, emoziona tutti e soprattutto arriva a tutti. Ecco che allora il film si mette a disposizione di ragazzi e adolescenti – e non solo – che vogliono saperne di più.
Cyberbully – Pettegolezzi Online è un lungometraggio, risalente al 2011, che è stato spesso preso in considerazione per gli effetti che ha sulle nuove generazioni.

Ispirato a una storia vera e diretto dal regista belga Charles Binamé, il film presenta la storia di Taylor. Nel giorno del suo diciassettesimo compleanno, la ragazza riceve in regalo un nuovo pc. Questo, da subito considerato un’enorme risorsa, in realtà finirà per rovinarle la vita. Infatti, dopo essersi iscritta a un social network, diverrà vittima diretta di cyberbullismo. Senza rendersene conto, la ragazza inizierà a isolarsi da tutto ciò che fino a quel momento era stato parte integrante della sua vita.

I rischi del web

La pellicola sottolinea la potenza del web, la sua pericolosità e le conseguenze, oltre che i cambiamenti che questo può apportare nella nostra semplice quotidianità. Famiglie e ragazzi sono portati a riflettere su questo e su quanto ci voglia poco a rovinare una vita per sempre.

In questo momento non vedo nessuna ragione per continuare a parlare o a respirare.

Questo afferma, nel film, la stessa protagonista. Una frase che fa riflettere moltissimo.

I ragazzi di oggi hanno un linguaggio difficile da comprendere. E non si parla soltanto del linguaggio verbale, bensì dell’espressione del corpo e dei loro portamenti. Non è semplice entrare in contatto – e soprattutto in sintonia – con il loro animo. Proprio per questo motivo, bisognerebbe pensare più spesso a strade alternative, scorciatoie e nuovi espedienti per avvicinarsi al loro mondo. Un mondo di certo articolato, e non sempre facile da comprendere.
Il film permette di mettere i giovani d’oggi faccia a faccia con la realtà. In un certo senso, ha persino il compito di spaventare e di mettere in guardia i diretti interessati.

Cyberbullismo: l’importanza di chiedere aiuto

Raramente un adolescente vittima di cyberbullismo chiederà aiuto. Si innescherà sempre un meccanismo che porta alla vergogna e alla totale riservatezza. Sollecitare protezione e sostegno significa, nelle loro menti, passare dalla parte del più debole; cosa che il giovane d’oggi non accetta.

Si prova una vergogna tremenda a essere vittima di cyberbullismo, perché a un certo punto cominci a pensare che ci sia un motivo per cui sei stato preso di mira.

È quanto affermato da Matt Reeves, regista e sceneggiatore statunitense, anch’egli vittima diretta del fenomeno.
Ed è vero. La difficoltà sta proprio lì. La difficoltà sta nel capire, e soprattutto far comprendere, che il problema non siamo noi e che non abbiamo nulla di sbagliato. Il problema lo ha chi si prende gioco di altre persone e lo fa senza lucidità mentale. Farsi aiutare è emblema di grande maturità. I giovani però ancora non lo sanno. O meglio, fanno finta di non saperlo.

Strade alternative contro il cyberbullismo

Come abbiamo accennato, quindi, la soluzione sta nel trovare strade alternative. Strade in cui il giovane si senta tutelato, ma fino a un certo punto. Strade che possano portare a una piena consapevolezza del problema, ma senza essere al centro del problema stesso. Strade che mirino all’incolumità di questa generazione, senza che questa si senta – per qualche strano motivo – messa in salvo.

Forse, un giorno le cose cambieranno. Nel frattempo agire in questo modo sembra essere la giusta direzione.

A cura di

Giada Miozzo


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