Il digitale dopo il Covid-19

Il digitale dopo il Covid-19

A ottobre 2021 la celebre app per videochiamate Houseparty è stata chiusa definitivamente. L’annuncio era apparso sul sito ufficiale e la causa risiede nella volontà di Epic Games, la compagnia che aveva acquisito Houseparty, di concentrarsi su altri progetti. L’applicazione ha significato molto durante il 2020, quando la pandemia da Covid-19 ha provocato la quasi impossibilità di uscire di casa. Basti pensare che nel marzo del 2020 l’app ha raggiunto i due milioni di download a settimana! Considerare l’impatto che una singola applicazione ha avuto su tante persone in quel periodo porta a riflettere. Cosa ha simboleggiato per la maggior parte di noi, alla comparsa del Covid-19, avere accesso al digitale per mantenere contatti con il mondo esterno, con l’universo fuori dalle case?

 

Il digitale in lockdown

Per molti, compresa la sottoscritta, ha significato laurearsi. Concludere un ciclo di studi che coincide con la fine di un momento preciso della vita, che fa da spartiacque e segna definitivamente l’ingresso nella società degli adulti. Non è stata come una laurea in presenza: poter stringere la mano al relatore dopo la proclamazione è un’altra cosa. Tuttavia, se non avessi avuto questa possibilità, avrei dovuto rimandare la laurea di più di un anno. Il che avrebbe avuto notevoli conseguenze sulla successiva carriera lavorativa.

Appunto, il lavoro. Per tanti l’accesso al digitale ha combaciato con il lavoro da casa in sicurezza. Penso a Daniele, un ragazzo di ventisei anni che a inizio 2020 viaggiava tutti i giorni sui treni regionali da Torino alla volta dell’ufficio di Milano. Con il lavoro per via telematica ha completato il suo stage da casa, senza perdere l’esiguo rimborso spese nei viaggi da pendolare.

 

Il digitale per giovani e meno giovani

Per i giovani il digitale ha rappresentato la scuola. Un intero edificio, con tanto di docenti al seguito, si è trasferito nelle case di ogni alunno. I compagni di classe sono diventati piccoli visi, più o meno offuscati, racchiusi in riquadri. Se l’interazione tra coetanei è stata penalizzata, si è avviato forzatamente il processo di sviluppo di modalità interattive di apprendimento. La scuola italiana si è forse resa conto del fatto che il digitale può essere uno strumento didattico proficuo, soprattutto nei livelli superiori di istruzione.

Infine, tutti, fino ai più anziani, hanno potuto, grazie al digitale, sentirsi meno soli e restare in contatto con i propri “congiunti”. Addirittura mia zia, che ha quasi ottant’anni e non sa ancora rispondere ai messaggi di testo, ha acquistato uno smartphone per videochiamare le figlie. Più che per sentire le figlie, sia chiaro, per vedere i nipoti. Quando ho saputo questo fatto, ho capito che un cambiamento radicale era in atto.

 

La fiducia nel digitale post Covid-19

La costrizione al digitale a causa del Covid-19 ha quindi dato una spinta all’uso del mezzo, specie da parte di chi non era affine a questo  linguaggio. Tale processo non è arrestabile e porta con sé strascichi non ignorabili. Da tante parti, per esempio, si elogia l’interazione tra il lavoro in presenza e il cosiddetto smart working. Questa alternanza supporterebbe i lavoratori domiciliati lontano dalle sedi lavorative o con figli piccoli (ricordiamo che i dipendenti di Unipol a inizio novembre hanno partecipato a uno sciopero contro il loro rientro in sede). Persino nell’istruzione tanto di ciò che si è fatto in fretta e furia si è mantenuto, nell’ottica di educare al digitale le nuove generazioni. E forse un pochino anche gli insegnanti di tutti i livelli scolastici.

Anche nella percezione che le persone hanno della tecnologia si sono verificati dei cambiamenti. Lo studio Digital Society Index, condotto da Dentsu Aegis Network, ha registrato, in Italia, un generale aumento della fiducia delle persone nella tecnologia e una diffusa propensione a usarla maggiormente in futuro. Questo sentimento positivo è stato colto dai brand. Essi dovranno adattarsi, per esempio, alla prevalenza dell’e-commerce sugli acquisti in negozio. Da più parti si è già quindi cominciato a sfruttare la “riscoperta” del digitale per riconvertire gli affari e creare crescita economica.

 

Luci e ombre del digitale dopo il Covid-19

Lo slancio di rinnovata fiducia potrebbe rappresentare anche un’occasione per focalizzare l’interesse di un vasto pubblico sui meccanismi più o meno virtuosi interni al digitale. Così, si tratterebbe della possibilità di alimentare domande, dubbi, voglia di sapere di più su strumenti che usiamo in misura sempre maggiore e che permeano ogni aspetto della nostra esistenza. Forse esser stati costretti a utilizzarli per continuare ad avere una vita sociale durante i mesi di lockdown, ha portato alla luce il peso del digitale nelle nostre vite. Potrebbe aver scosso la volontà di essere maggiormente informati sui vantaggi e sulle problematiche che causa quotidianamente, la volontà di entrare maggiormente in quella che è l’educazione digitale.

Non bisogna dimenticare, però, che l’accesso agli strumenti tecnologici alla base delle attività nominate non è scontato. L’impossibilità per alcuni di provvedere alla didattica a distanza per tutti i figli o la mancanza di una connessione stabile per lavorare otto ore al giorno in alcune zone sono problemi reali. Il momento particolare del 2020 ha mostrato il rischio di aumentare disuguaglianze e creare divari digitali causati dalle differenti disponibilità economiche delle persone. Luci e ombre, dunque.

 

 

a cura di

Benedetta Saraco


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