Lo schwa nelle tastiere degli smartphone

Lo schwa nelle tastiere degli smartphone

La Rete è sempre più specchio della realtà, ma può avvenire anche il contrario. A tutti gli effetti, il mondo fisico e il mondo digitale possono essere considerati due aspetti complementari dell’esperienza umana. Non deve quindi stupire che tutte le problematiche della società finiscano per trasferirsi sui social network più noti, come pure nei blog meno conosciuti. Allo stesso modo, è evidente che le discussioni pubbliche e le nuove tendenze sorte in Rete abbiano un impatto profondo sulla società esterna al mondo informatico. Non fa eccezione il dibattito sul linguaggio inclusivo, sempre più sentito da una crescente fetta di popolazione. E la reciproca influenza tra vita reale e virtuale si mostra, ad esempio, con l’introduzione dello schwa sulle tastiere degli smartphone.

 

Cos’è lo schwa

Provando a cercare una definizione di “schwa” (o dell’adattamento italiano “scevà”) la comprensione non è immediata. Questo è infatti il nome di un simbolo grafico ebraico (più correttamente, si tratta di un segno paragrafematico, alla pari di virgole, punti, accenti). Questo segno indica l’assenza di vocale seguente o la presenza di una vocale senza alcuna qualità.

Insomma, in nessun modo tale definizione sembra riguardare l’utilizzo dei social. Eppure, questo segno comporta un suono vocalico neutro: già così si può comprendere il collegamento con il mondo della comunicazione digitale e del linguaggio inclusivo. Negli ultimi anni, infatti, si è proposto di utilizzare il simbolo utilizzato per indicare questa vocale “neutra”, trascrivibile come /ə/, per creare una desinenza neutra.

In particolare, lo schwa si renderebbe utile per evitare di ricorrere al maschile universale. Diremmo quindi “carə tuttə” a un gruppo di destinatari di genere misto, invece del normale “cari tutti”. Il discorso è tutt’altro che semplice, come vedremo più avanti, ma il tema di questa “nuova” lettera è tornato in primo piano dopo l’ultimo aggiornamento di iOS.

 

Lo schwa su Android e iOS

A fine settembre 2021, Apple ha rilasciato il nuovo sistema operativo (il quindicesimo) per iPhone. Tra le varie novità, è stata introdotta la possibilità di digitare in modo agevole il simbolo ə. In precedenza, generalmente, si utilizzava l’asterisco per omettere la desinenza di genere, poiché accessibile dalla tastiera. La ə è ora digitabile tenendo premuto sulla lettera “e”, come accade per ottenere le forme accentate. Dalla primavera precedente Android offriva già questa possibilità.

Il fatto che i due sistemi operativi che monopolizzano il mercato abbiano introdotto questo nuovo carattere è tutt’altro che irrilevante. Dimostra che i produttori si schierano apertamente sul tema, sostenendo l’utilizzo da parte dei propri utenti di questo nuovo simbolo. Si tratta di una vera e propria presa di posizione ideologica. È da notare, inoltre, che lo schwa è utilizzato in ambiti ristretti, ossia da un numero di utenti decisamente limitato.

Google e Apple, dunque, non stanno assecondando una forte domanda dei propri clienti, ma stanno incentivando in qualche modo l’utilizzo di questo segno. Di fatto la semplice aggiunta di un carattere finisce per influenzare l’opinione pubblica, dando un supporto notevole a chi rivendica la bontà di questa innovazione.

 

Dobbiamo usare lo schwa?

Come ci si può aspettare, il dibattito sullo schwa porta a posizioni estreme nell’opinione pubblica. Tra chi lo vede come una fede religiosa e chi ne è irrazionalmente terrorizzato, le discussioni in Rete finiscono generalmente in un nulla di fatto, se non in posizioni ancora più sclerotizzate. Per avere una visione completa è quindi bene partire dalle fonti accademiche. La fonte più autorevole che si è espressa, suscitando molte attenzioni, è stata senza dubbio l’Accademia della Crusca. Nella sezione dedicata ai quesiti dei lettori, infatti, è comparso un esteso editoriale (firmato da Paolo D’Achille) che tratta il linguaggio inclusivo e, tra gli altri, il tema dello schwa.

Il discorso della Crusca si fonda sul fatto che il maschile plurale, in italiano, sia un genere grammaticale non marcato. Insomma, il maschile non intende escludere le donne in alcun modo, ma per evoluzione della lingua si è affermato come forma comprensiva di entrambi i generi. Per quanto riguarda i riferimenti che spesso si fanno al latino, e al suo genere neutro, è bene notare che il neutro latino non è un’alternativa libera tra maschile e femminile come generi sessuali.

Ciò che è più importante chiarire, però, è che la lingua non accetta modifiche a tavolino, ma si evolve in base all’uso che i parlanti ne fanno. Non sono quindi fondati i timori di coloro che temono un’imposizione dell’uso dello schwa in italiano: nessuna indicazione linguistica potrà essere più incisiva delle abitudini dei parlanti. D’altro canto, ciò significa che se una quota sempre più ampia di popolazione adotterà questa forma essa diventerà parte della lingua italiana.

In ogni caso, come evidenzia la Crusca, è poco verosimile che lo schwa entri stabilmente nel repertorio linguistico italiano. Sia perché provoca dei problemi nello scritto (come si potrebbe, ad esempio, rendere la ə maiuscola?), sia perché, nel parlato, è un suono che manca nell’italiano standard. Esiste in alcune varietà dialettali (in particolare nel Meridione) ma non implica un genere neutro, e in ogni caso non è naturale per i parlanti del resto del Paese.

Come ha detto in un recente Ted Talk la linguista Vera Gheno, che si batte con forza per l’utilizzo di forme inclusive come questa, bisogna vedere lo schwa come un interessante esperimento (secondo lei con del potenziale concreto), ma di certo non come un’imposizione nella lingua.

 

 

A cura di

Federico Villa


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  • Copertina: foto di Federico Villa