Le competenze digitali nel mondo: un gap rilevante

Quando si parla di competenze digitali, è bene ricordare che nel mondo esiste una divisione netta tra i vari paesi. Questo rende difficile fare fronte comune su determinate questioni e persino garantire un’informazione corretta a trecentosessanta gradi. Bisogna innanzitutto capire cosa ha portato a questo grande squilibrio tra le nazioni e come si potrebbe ridurlo in tempi brevi.

Due esempi chiave: India e Italia

A molte persone sarà capitato di cercare un video tutorial di informatica su YouTube e di incrociare uno specialista di nazionalità indiana che metteva le sue ampie competenze al servizio della comunità digitale. Ancora oggi si sente dire che gli indiani sono tra i migliori informatici al mondo, e con buona ragione.
I motivi dietro questa affermazione sono molteplici. In primis bisogna considerare il bassissimo costo del lavoro in India, che ha permesso ai suoi cittadini di entrare in un settore che ha visto un’evoluzione esponenziale in pochissimi anni; l’informatica, appunto.
I bassi costi hanno anche permesso a multinazionali estere di spostare progettazione e montaggio di apparecchi elettronici in India, diffondendo inevitabilmente competenze importanti anche tra la popolazione.

L’Italia, pur avendo delle menti eccelse nel campo informatico, si trova ad anni luce da questa realtà. La bassa demografia, le nascite ridotte al minimo e l’enorme squilibrio tra Settentrione e Meridione hanno di fatto svantaggiato il nostro Paese, lasciando due generazioni separate:

  • I Millennials, anche noti come Generazione Digitale, che hanno più dimestichezza con l’informatica di base, ma si trovano in difficoltà con operazioni più avanzate, specie se queste ultime richiedono un percorso di studi;
  • Le persone nate prima degli anni Ottanta, che si trovano totalmente isolate e con un rifiuto quasi innato per la tecnologia e i suoi sviluppi.

Le motivazioni di questo gap e del conseguente svantaggio rispetto ad altri paesi, sono da attribuire anche a una scorretta integrazione di queste discipline nel tessuto sociale. A oggi, i corsi di studio informatici sono più accessibili ai giovani, che allo stesso tempo hanno difficoltà a trovare lavoro in azienda dopo la laurea. I dirigenti sono più propensi ad assumere lavoratori a basso costo e i neolaureati devono muoversi all’estero.

La disinformazione e l’incompetenza

Altro elemento chiave del gap intercontinentale è senza dubbio l’informazione scorretta che oggi circola in rete. Secondo diversi sondaggi lanciati in questi anni, quasi una persona su due è convinta che “hacker” sia sinonimo di “ladro”, quando non è così. Contemporaneamente, l’aumentare di falsi professionisti sul web ha aumentato la quantità di dati manipolati, influenzando l’opinione pubblica.

Per fare due esempi, potremmo citare la piattaforma Rousseau voluta dal Movimento Cinque Stelle per le votazioni online, risultata estremamente pericolosa per i dati personali degli utenti, e l’assurda proposta di una password fornita dallo Stato, voluta dal ministro per l’Innovazione.

Se la cittadinanza fosse stata messa al corrente dei rischi che avrebbe corso, per esempio organizzando lezioni a basso costo o gratuite sulla sicurezza, probabilmente molte più persone si sarebbero opposte a queste iniziative. È altresì stato provato da diversi “hacktivisti”, che neppure chi ha proposto questi progetti aveva ben chiaro quali fossero i rischi.

Le possibili soluzioni

Come vi abbiamo già anticipato, non tutti i paesi lavorano allo stesso modo e sarebbe decisamente improprio elencare le soluzioni per ciascuno di essi. Per questo motivo, ci limiteremo a delle idee che aiuterebbero tutti i continenti a colmare l’enorme abisso che li separa.

  • Rendere l’informatica una disciplina scolastica universale, non più limitata al proprio corso di studi. Questo garantirebbe una conoscenza generale più diffusa, specialmente con l’avvento delle prossime tecnologie.
  • Fare della lotta alla disinformazione una priorità, togliendo quindi terreno fertile a gruppi sociali/politici che manipolano l’opinione pubblica diffondendo panico e false informazioni, specialmente sul mondo digitale.
  • Investire su ricerca e innovazione, per ridurre i rischi e creare una società che sappia difendersi senza dover ricorrere a pochi esperti per proteggere milioni di persone.

Può sembrare quasi avveniristico fare delle premesse simili, ma in un universo ampio come quello informatico non può esserci posto per squilibri così vasti, che rischiano di alterare la matrice stessa della società moderna portando a pericolose conseguenze per noi tutti.

 

A cura di

Francesco Antoniozzi


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