Le proteste in Bielorussia si organizzano su Telegram

La sesta elezione consecutiva in Bielorussia del Presidente uscente Alexander Lukashenko ha sollevato numerosi dubbi sul sistema elettorale del Paese balcanico negli ultimi anni. Accusato di aver manipolato lo spoglio elettorale numerose volte, il Premier si è trovato a fronteggiare la più grande protesta anti-governativa nella storia recente dello Stato.

Il Governo ha risposto quasi immediatamente col pugno di ferro, schierando dapprima le forze dell’ordine in assetto anti-sommossa e successivamente l’esercito, armato e accompagnato da diversi mezzi corazzati. Malgrado le fortissime tensioni tra Polizia e manifestanti, che hanno causato anche la morte di un giovane, la popolazione ha deciso di aggirare la censura usando la popolare app di messaging Telegram.

La censura nel paese: TV, polizia ed esercito

La politica fortemente conservatrice e pro-Putin del presidente Lukashenko si è fatta più aggressiva negli ultimi anni; dopo una serie di polemiche già scaturite nel 2014 con la sua quinta elezione, i movimenti di opposizione avevano trovato terreno fertile per attaccare il premier e dare vita ad una serie di movimenti pro-democrazia che sono sfociati nelle grandi proteste delle ultime settimane.

Il governo ha pieno possesso delle reti televisive e delle forze di polizia, che sono state utilizzate per creare falsa propaganda e intimorire i manifestanti in piazza. Tra questi, la maggior parte è caratterizzata da nativi digitali, ragazzi e ragazze che conoscono numerosi modi per aggirare minacce e censura.

I numerosi tentativi dello stato di denigrare le rivolte parlando di “piccoli episodi isolati” hanno fatto da amplificatore tramite l’app Telegram, di cui vi avevamo già parlato. La politica di questa app verte quasi interamente su anonimato e cancellazione dei dati dopo un breve periodo di tempo. Uno strumento sul quale Lukashenko non solo sembra avere assolutamente nessun controllo.

La reazione: violenze e arresti sommari

Negli ultimi quindici giorni, le piazze della capitale Minsk sono state invase da decine di migliaia di manifestanti, organizzatisi appunto su app non tracciabili. Questo ha del tutto vanificato i tentativi del premier di mostrarsi forte e capace contro quelli che lui stesso aveva definito “ratti” e costringendolo a chiedere l’aiuto di Vladimir Putin.

La conseguenza è stata una serie continua e indiscriminata di violenze e arresti immotivati. Uomini in mimetica sono entrati nelle università prelevando studenti a caso e portandoli via in furgoni non segnati; altri uomini, armati di bastoni elettrici e spranghe, hanno iniziato a pestare i manifestanti pacifici; la polizia ha bombardato di lacrimogeni e granate stordenti i presenti in piazza.

L’episodio più grave, probabilmente, è stata la scomparsa di tutti i membri dell’opposizione, tre donne e un uomo, dei quali si sa poco o niente. Pare che alcuni si siano rifugiati in Ucraina per paura di venire presi, altri potrebbero essere già stati deportati.

Telegram nelle proteste in Bielorussia

Oltre ad essere stato uno stumento fondamentale per organizzare le grandi manifestazioni in piazza, Telegram si è rivelato uno strumento utile per condividere video amatoriali delle proteste, nonché delle violenze perpetrate dalle forze dell’ordine. Mentre le TV di stato mostravano un Lukashenko trionfante circondato dai suoi soldati, i canali Telegram mostravano la cieca violenza gratuita della polizia contro i ragazzi.

Alcuni canali hanno raggiunto i due milioni e mezzo di follower, diventando i più importanti mezzi di comunicazione per conoscere la posizione di polizia ed esercito nelle città, conoscere i successivi luoghi scelti per la protesta e, in sostanza, condividere la storia di un paese prossimo al blackout.

Nei primi giorni della protesta, infatti, la città di Minsk è stata letteralmente messa “al buio” da tutte le comunicazioni tramite Internet, per limitare la trasmissione di dati verso l’esterno da parte dei manifestanti. Questo tuttavia non ha impedito loro di comunicare con il resto della Bielorussia e del mondo, mostrando come il governo bielorusso stia reprimendo ogni forma di dissenso.

I fondatori dei canali Telegram incriminati sono finiti sotto inchiesta per aver fomentato “rivolte di massa”, ma tutti i tentativi di chiuderli si sono rivelati, fortunatamente, inefficaci.

Le proteste in Bielorussia non accennano a fermarsi, alimentate da una grande quantità di abusi perpetrati dalle forze di sicurezza ogni giorno. L’incapacità di Lukashenko di porre un freno alle proteste è probabilmente dovuta all’assenza di un “leader” tra i manifestanti. Ciò gli impedisce di bersagliarlo e diffondere paura tra la popolazione.

Se tuttavia, nell’immediato futuro dovesse paventarsi la possibilità di un intervento militare russo sul territorio, come auspicato dallo stesso Presidente, lo scenario potrebbe cambiare radicalmente; e non per il meglio.

A cura di

Francesco Antoniozzi


FONTI

valigiablu.it

CREDITS

Copertina