Sembra quasi di moda, al giorno d’oggi, riempirsi la bocca con parole negative nei confronti dei social network. Spesso i nativi digitali vengono tacciati di incoscienza per l’uso smodato che ne fanno, ma pochi sono coloro che scendono davvero alla radice del problema e che successivamente analizzano gli effetti sul lungo e breve periodo di tali abusi. Tra tutte, sicuramente, la dissociazione dalla realtà, la sempre minor presa che il mondo reale ha sulla persona, ma anche la deresponsabilizzazione. Che è quello di cui si occupa Levante, in una canzone spesso poco compresa e poco realmente ascoltata.
Levante e i leoni da tastiera
La siciliana Claudia Lagona, meglio conosciuta come Levante, ha dato vita nel 2017 al proprio terzo album in studio, Nel caos di sostanze stupefacenti. Il primo singolo che ha preceduto la pubblicazione del disco è Non me ne frega niente, pubblicato nel febbraio dello stesso anno.
Il titolo, estremamente peculiare, viene spesso preso come unica interpretazione dell’intero brano. C’è, quindi, chi non si sofferma nemmeno ad ascoltare cosa esprime il testo; testo scritto, poi, neanche in maniera così criptica. A chi voglia prestare attenzione risulta subito chiaro che parla dei leoni da tastiera e dell’odio troppo facilmente riversato su Internet e, luogo prediletto di questa pratica, sui social.
Al riguardo, la cantante si esprime così in un’intervista per «Rolling Stone»:
Io non sono una nativa digitale, Internet ho cominciato a usarlo a 18 anni. Ma una cosa che non hanno capito nemmeno alcuni fan è che il brano parla molto di me, nel senso: io non sono dissociata dalla questione “siamo social-dipendenti”, io ho il pollice bionico… Il brano vuole essere una critica alla troppa facilità nel dire la propria opinione. Non è che se mi incontri per strada hai il coraggio di dirmi quello che mi dici in rete, non è che mi spintoni e mi dici “oh, cessa…” e non lo fai perché non si fa. Devi essere educato, anche se io non ti vedo. Perché tanto, io sai cosa faccio, io me li vado a guardare tutti.
Chi sono i leoni da tastiera?
Ciò che si evince è sempre la solita storia: sembra che si fatichi ad assumersi le responsabilità del proprio comportamento online, come se la rete fosse un universo parallelo non reale, come se non incontrasse in nessun punto la vita vera. Si parla dei cosiddetti leoni da tastiera, coloro che sono estremamente “coraggiosi” davanti a un computer o smartphone, ma che si annullano completamente dal vivo. Individui che sembrano avere il coraggio di dire sempre la propria, anche quando questo significa insultare gratuitamente qualcuno, in virtù di un concetto di libertà di espressione che non deve poi essergli tanto chiaro.
Non me ne frega niente: Levante vs. leoni da tastiera
Non è un caso che il testo sia disseminato di termini propri del campo semantico bellico:
Se parte la rivolta
Combatto con lo scudo dello schermo
Le armi da tastiera
Di giorno sto in trincea, lancio opinioni fino a sera.
Lo schermo diventa, quindi, uno scudo, simbolo di una protezione necessaria per questo “lancio di opinioni”. Ed è abbastanza peculiare che il bombardamento abbia luogo solo e unicamente attraverso un filtro tecnologico: la trincea non può esistere se non attraverso la rete virtuale di Internet. La tastiera è un’arma, anche altamente pericolosa, ma nessuna guerra si può combattere senza armi, quindi ancora una volta senza i social.
Nel testo, poi, compare anche un riferimento sottile a una vicenda che ha colpito molto per la sua potenza e che diventa, qui, simbolo dei presunti forza e coraggio dei “leoni da tastiera”:
Je suis Paris, madame
Ma in piazza scendo solo per il cane
Non mi vogliate male
Ho sempre poco tempo per lottare senza il modem.
La cantante ha infatti affermato di aver composto la canzone subito dopo l’attentato al teatro Bataclan, avvenuto il 13 novembre 2015 durante il concerto della rock band Eagles of Death Metal. Subito dopo la diffusione della notizia in ogni parte del globo, si è innescato lo stesso fenomeno di solidarietà presentatosi in maniera preponderante sui social subito dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo. La dicitura si è trasformata, quindi, da “Je suis Charlie” a “je suis Paris”.
Fuori dalla metafora
Quindi qual è il problema? Il problema è, come esprime piuttosto ironicamente Levante in questa prima persona, che in piazza si scende solo per il cane. Che la solidarietà e l’attivismo per le cause in cui si crede spesso si manifestano unicamente attraverso la condivisione di una foto o di uno slogan.
Menzione speciale merita, poi, il ritornello:
Non me ne frega niente
Se mentre rimango indifferente il mondo crolla
E non mi prende.
Iconica l’immagine del crollo del mondo che però non riguarda sé stessi: esprime bene la sensazione che probabilmente prova chi non riesce a curarsi davvero di ciò che riguarda gli altri.
Molto fumo, niente arrosto
Il fatto che ci si senta in diritto di dire qualsiasi cosa attraverso i commenti di Instagram o di Facebook è abbastanza peculiare. Ma basta poi la richiesta di un confronto diretto per neutralizzare tutti i “ruggiti” espressi con così tanta ferocia.
Quindi, piccole istruzioni per l’uso, dato che è così semplice evitare anche la più piccola offesa erogata attraverso i social. Basta chiedersi se il commento che si sta per postare si farebbe con la stessa leggerezza anche dal vivo. Se la risposta a questa domanda è negativa, forse è meglio lasciar perdere tutto sommato.
A cura di
Antonella D’Agnano
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