L’educazione dei nativi digitali nel mondo dei nuovi media

La definizione di “nativi digitali” è stata introdotta dal ricercatore statunitense Marc Prensky per presentare il fenomeno di un uso massiccio dei media digitali da parte della Generazione Z. La distingueva così, anche se non in discontinuità, da quella precedente Y, la generazione dei Millennials.

Chi sono i nativi digitali?

I nativi digitali sono i nati con l’avvento dei nuovi media e delle nuove tecnologie touch digitali, elemento centrale dell’esperienza quotidiana individuale e sociale. Prensky, non a caso, associa al termine ‘nativi digitali’ il concetto di madrelingua: nell’apprendimento del linguaggio, i piccoli assorbono rapidamente e con facilità rispetto agli adulti. Allo stesso modo, secondo Prensky, si può apprendere l’uso delle tecnologie a partire dall’infanzia senza sforzo.

La trasformazione di un bambino e di un ragazzo nato nel nuovo millennio in un nativo digitale è quindi caratterizzata dall’uso massiccio dei media digitali, che vengono fruiti in maniera diversa dai genitori. Soprattutto in termini quantitativi di ore passate fra smartphone, ipad, tablet, videogame, instant messaging.

Il web e i nativi digitali

Questa nuova dimensione comunicativa ha un forte impatto di trasformazione sulle nuove generazioni. Il web instaura un rapporto più pervasivo con i nativi digitali rispetto alle generazioni precedenti. Le conseguenze non riguardano solo i comportamenti ma soprattutto i processi simbolici e cognitivi a partire dalla prima fase di vita del soggetto.

L’uso immediato, intuitivo e senza sforzo delle nuove tecnologie e dell’ambiente digitale in cui i bambini e gli studenti sono immersi consente di apprendere, gestire l’informazione e la comunicazione in modo diverso dal passato.

L’infanzia

La facilità di integrazione della multimedialità, l’interattività con un computer e l’automazione dei media digitali hanno un impatto determinante soprattutto nell’infanzia.

Le capacità dei media di strutturare l’esperienza interattiva e di creare schemi mentali consentono al nativo digitale di simulare mentalmente le possibilità virtuali di un media digitale e usarlo intuitivamente. Il touch per esempio può diventare uno schema motorio automatico come una qualsiasi altra parte del corpo. Implica così una variazione della percezione dello spazio fisico ed emozionale. L’esperienza fisica diretta viene infatti sostituita dallo schema mediatico, che fa anche da riduttore della capacità di attenzione sostenuta da parte del soggetto.

Le reti sociali dei nativi digitali

I nuovi media e le loro tecnologie sempre più sofisticate tendono a modificare e influenzare il sé e l’identità sociale. Ma soprattutto la propria rete sociale, ovvero, l’insieme delle persone a cui si è collegati con diversi tipi di relazioni: da quella familiare a quella di studio, di amicizia, ludica o casuale.

L’esplosione di Internet come fenomeno sociale ha allargato enormemente i confini delle reti sociali dei nativi digitali portando alla creazione di un nuovo spazio sociale, chiamato anche cyberspazio o “inter-realtà”. Questo unisce le caratteristiche delle reti sociali tradizionali con quelle del web.

Tuttavia queste nuove potenzialità possono alimentare dei paradossi relazionali, che da una parte aumentano la quantità e la frequenza delle interazioni sociali ma a scapito della qualità e della durata delle relazioni. Così di fatto il nativo digitale è più solo.

L’importanza della formazione dei nativi digitali

In questo nuovo contesto, il ruolo dei processi formativi diventa un tema fondamentale. L’introduzione nella scuola degli stessi dispositivi tecnologici che i nativi digitali usano quotidianamente nelle loro case è oggetto di dibattito sui vantaggi e gli svantaggi che il loro utilizzo come strumento didattico può comportare.

Didattica 2.0: i vantaggi

Da una parte, l’utilizzo di tablet e smartphone consente un’interazione diretta e più efficace con l’informazione. Questo facilita la conoscenza del mondo e di sé stessi. Strumenti di questo tipo permettono allo studente di superare i confini della classe aprendo a possibilità che la didattica dei soli libri di testo non consente. Inoltre, il digitale consente di progettare e svolgere esperienze formative che aprono a un inter-pensiero che può portare allo sviluppo di processi creativi e di una conoscenza condivisa.

Questo non significa eliminare i libri e i supporti educativi tradizionali ma integrarli in modo intelligente e in funzione dell’opportunità, come nei casi di formazione a distanza e nello scambio di esperienze interattive.

Didattica 2.0: gli svantaggi

D’altra parte esiste il rischio che la digitalizzazione porti a una deflagrazione dei confini della comunità scolastica, che perderebbe di efficacia se non adeguatamente indirizzata. Occorre quindi che il processo formativo si indirizzi soprattutto verso una educazione civica digitale che in particolare costruisca modelli di comportamento etico nell’uso dei nuovi strumenti digitali.

Strumenti a supporto della formazione dei nativi digitali

Un valido ausilio può essere fornito dalle nuove discipline, per esempio la cyberpsicologia. Si tratta della psicologia dei media, che integra le riflessioni della psicologia delle comunicazioni e delle scienze cognitive con le altre discipline educative:

  • sociologia
  • filosofia
  • antropologia
  • linguistica
  • scienze dell’educazione e delle comunicazioni

Vanno esplorati e indirizzati a livello formativo i processi di cambiamento attivati dai nuovi media sia a livello soggettivo che relazionale.

La formazione dei nativi digitali: il ruolo di scuola e genitori

L’educazione civica digitale

La maggiore capacità intuitiva dei nativi digitali nell’uso degli strumenti digitali crea modelli di meccanismi automatici per definire la propria storia personale e quella degli altri. La gestione delle comunicazioni sui social network, le immagini dei selfie, dei video su Youtube, e le storie di Instagram, possono diventare strumenti di creazione di identità personali e relazionali.

In questi scenari una corretta educazione civica digitale deve aiutare a orientarsi e difendersi dalle insidie di utilizzi impropri verso di sé e degli altri. L’educazione civica digitale dovrà superare il tradizionale modello pedagogico didattico basato sulla semplice lezione frontale da parte dell’insegnate col supporto testuale di rinforzo.

Anche l’apprendimento autonomo svolto dai soggetti nella dimensione del gioco e di simulazioni come quella dei serious games non può essere ignorato né sottovalutato in ambito educativo. L’apprendimento con l’aiuto di un esperto oggi può essere facilitato dalle tecnologie per superare la barriera spazio-temporale e dalla possibilità di condivisione interattiva. Anche il lavoro di gruppo interattivo opportunamente condotto negli ambienti dei social network è un ottimo nuovo modello di relazione.

Il ruolo di genitori e insegnanti

La presenza di insegnati e genitori non si deve limitare al ruolo di controllori ma dovrebbe proporsi in forme di mediazione e regolamentazione adeguata. Dovrebbe al contempo essere percepita dal giovane come un sostegno e una guida e non come ostacolo.

L’educazione civica digitale dei ragazzi e dei giovanissimi non può prescindere dall’intervento e dalla supervisione dei genitori o di figure di riferimento per definire i tempi di utilizzo, la disponibilità dei contenuti e la scelta delle App e dei siti “sicuri”.

Queste indicazioni fondamentali di base devono rappresentare la prima formula educativa in attesa che nella scuola si definiscano i presupposti per la strutturazione di una disciplina specifica di educazione civica digitale.

A cura di

Costante Mariani


FONTI:

  • Giuseppe Riva, Nativi digitali, Il Mulino, Bologna 2019.

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