L’era cookie-less e il nuovo modello pubblicitario
Quel familiare pop-up che parla di cookies e che permette di rifiutarli, accettarli o selezionare quelli cui l’utilizzatore consente, diventerà presto storia. Le innumerevoli discussioni attorno alla privacy e le richieste sempre più pressanti da parte degli utilizzatori per una navigazione rispettosa della loro privacy hanno infine fatto breccia tra le mura di Google. A partire del 2023, il browser made in Google non utilizzerà più cookies di terza parte e Chrome si allineerà così con i concorrenti Safari e Firefox.
Cookies e privacy oggi
“Stringhe di testo che i siti web visitati dagli utenti […] ovvero siti o web server diversi (cd. “terze parti”) posizionano e archiviano all’interno del dispositivo terminale dell’utente medesimo, perché siano poi ritrasmessi agli stessi siti alla visita successiva”: ecco come definisce i cookies il Garante della privacy. I cookies sono in effetti molto importanti per il Garante, in particolare quelli di terza parte, perché sono impiegati per monitorare gli utenti e le loro preferenze, analizzarli e memorizzare le loro abitudini di navigazione: insomma, l’obiettivo finale è la profilazione dei consumatori. Proprio la profilazione è stata ed è tuttora al centro delle polemiche sulla privacy, dal momento che l’attività di monitoraggio non serve a migliorare l’esperienza di navigazione ma a conoscere e tracciare le attività degli utenti.
L’uso dei cookies nell’adtech
I cookies di terza parte, cioè quelli creati da domini diversi rispetto al sito visitato, hanno sovente un uso pubblicitario. Attraverso questi cookies è possibile infatti attribuire un’identità digitale esaustiva degli utilizzatori e conservarla a lungo: si ha così una macchina pubblicitaria efficiente, che permette di costruire annunci personalizzati sulla base di questa identità digitale.
L’adtech, la tecnologia pubblicitaria, ha sempre fatto molto affidamento sui cookies di terza parte. Il modello pubblicitario più in voga al momento è infatti il targeted ad: si tratta di una strategia pubblicitaria performante e preoccupante al tempo stesso perché riesce a raccogliere enormi quantità di dati personali, tra cui dati sensibili come orientamento sessuale e religioso, etnia e posizione. Dati che i consumatori non sono ovviamente tenuti a comunicare al sito e che devono essere protetti. Se già da gennaio 2021 il GDPR ha imposto in Europa una stretta sull’uso dei cookies, tra cui la necessità di ottenere il consenso degli utenti prima di procedere alla profilazione, la nuova politica di Google potrebbe rivelarsi il ’68 cui auspicano molti utenti sul Web.
Come funzionerà la pubblicità in un mondo senza cookies
Tolto il targeted ad e scartato anche il contextual ad, che fa parte della pubblicità mirata e che si basa sul contesto semantico del contenuto del sito per proporre dei banner pubblicitari coerenti, gli inserzionisti devono trovare un’altra soluzione. E forse non dovranno cercare troppo a lungo. Come ricorda il magazine Wired, nel 2015 la società di informazione Gartner già parlava di personificazione, personification in inglese: significa mettere la parola fine all’identità digitale e puntare sul “segmento persona”. In parole povere, il digital marketing del futuro metterà in atto una strategia che non funziona più con dati personali ma con gli interessi dell’utente.
La strategia di personified ad potrebbe rivelarsi la manna dal cielo per le due parti, gli utenti e le società pubblicitarie. Fare a meno dei cookies di terza parte, e quindi della profilazione degli utenti, garantirebbe la privacy e la navigazione anonima sul Web. Avere accesso agli interessi degli utenti permetterebbe una panoramica ampia e dettagliata delle preferenze e delle impressions dei consumatori.
Ovviamente, l’era cookie-less non significa data-less. I siti continueranno a raccogliere e analizzare dati: non sarebbe possibile offrire un’esperienza di navigazione degna di questo nome senza dati, soprattutto quelli ottenuti dai cookies tecnici. Ciò che cambierà davvero sarà il passaggio dall’advertising personalizzato, che si nutre dell’identità degli utenti, a quello personificato, che resta limitato agli interessi degli utenti. Il target nel domani dell’adtech non saranno più gli utenti in quanto tali, ma piuttosto le loro preferenze. Un passo non da poco, per un mondo che esige sul Web le stesse garanzie e la privacy della vita reale.
Se l’inaugurazione dell’era cookie-less anche in casa Google ha gettato nel panico gli inserzionisti e le società pubblicitarie di mezzo mondo, il futuro dell’advertising sembra ben lontano dall’essere segnato. Il personified advertising, già praticato da alcune aziende del settore, potrebbe addirittura rivelarsi più performante delle vecchie strategie pubblicitarie. Quel che è certo è che la privacy degli utenti non potrà più essere trascurata.
A cura di
Marta Moresco
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