Il Phreaking: crackare le reti telefoniche

Il termine phreaking fa parte delle espressioni gergali inglesi e nasce dalla fusione delle parole phone (telefono) e freak (fanatico). Negli anni Cinquanta e Sessanta, con la diffusione della rete telefonica pubblica negli Stati Uniti, sono state molte le persone a dimostrare un forte interesse nel voler capire il suo funzionamento e nel voler scoprire i segreti celati dietro a questa novità. Questa terminologia è stata coniata esattamente in seguito a questo fenomeno. Si è infatti voluto attribuire un’identità all’insieme delle attività di coloro che studiavano, sperimentavano ed esploravano i sistemi di telecomunicazione per curiosità o divertimento.

Chi sono i phreakers?

Inizialmente i cosiddetti phreakers erano molto apprezzati poiché, essendo fanatici della tecnologia, possedevano una conoscenza indubbiamente profonda e accurata in materia. Addirittura, nel momento in cui riscontravano una qualunque falla nel sistema, non esitavano a contattare le compagnie telefoniche per metterle al corrente del problema.

Tuttavia questa estrema dimestichezza con il progresso, si trasformò ben presto in uno sfruttamento delle proprie abilità personali per manomettere il sistema telefonico a scopo di lucro. I phreakers, infatti, iniziarono a manipolare le linee telefoniche a proprio vantaggio per effettuare chiamate gratuite verso qualsiasi numero, compresi quelli a lunga distanza.
Questa forma di hacking ha influito pesantemente sulla reputazione di questi geni dell’informatica, ponendoli sotto una cattiva luce agli occhi del pubblico.

John Thomas Draper: il primo phreaker

L’epoca d’oro del phreaking va dal 1960 fino agli inizi del 1970. Ma le prime tracce di questo fenomeno risalgono al 1950; alcune organizzazioni criminali americane utilizzavano delle apparecchiature per il reindirizzamento automatico delle chiamate (cheeseboxes) che solo negli anni successivi saranno adottate dagli stessi phreakers.

L’anno ufficiale della nascita del phreaking è il 1964, in seguito alla scoperta effettuata da John Thomas Draper, programmatore e hacker statunitense, nonché il primo phreaker della storia. Draper, allora ventunenne e arruolato nell’Aeronautica Militare, si accorse per puro caso che il fischietto dato in omaggio nelle scatole di cereali di Captain Crunch poteva avere un uso alternativo a quello per cui era stato realmente ideato.

La tecnica di Draper

Questo giocattolo per bambini, infatti, poteva riprodurre il medesimo suono utilizzato nei sistemi telefonici per reindirizzare le chiamate a lunga distanza con una tonalità a una frequenza pari a 2600 Hz. In questo modo era possibile ingannare il commutatore predisposto allo smistamento delle telefonate interurbane, perché il suono emesso dal fischietto indicava la chiusura della comunicazione, che, al contrario, rimaneva aperta per il commutatore locale. A questo punto si potevano comporre numeri interurbani sfruttando abusivamente e gratuitamente la linea locale.

La tecnica consisteva quindi nel digitare un numero di servizio gratuito e riprodurre il suono nella cornetta prima di ricevere una risposta. Dopodiché si poteva semplicemente comporre il numero che si desiderava contattare su una blue box (apparato composto dal tastierino di un telefono che prende il nome dal colore che aveva). Il commutatore avrebbe effettuato la connessione senza alcun costo aggiuntivo.

Sfortunatament nel 1972 il signor Cap’n Crunch fu incastrato e immediatamente arrestato; la compagnia telefonica Bell aveva notato delle anomalie nei tabulati telefonici dei numeri gratuiti.

La AT&T

Il merito di questa scoperta non va soltanto a Draper, perché un contributo importante fu fornito anche dall’AT&T, ovvero l’azienda che all’epoca gestiva la telefonia pubblica. Questa pubblicò, in un giornale tecnico interno, un articolo in cui spiegava per filo e per segno come funzionasse il sistema di inoltro automatico delle chiamate proprio grazie al tono. I phreakers riuscirono a impossessarsene e a perfezionare così le proprie truffe.

Le tecniche di phreaking

La blue box

La blue box, precedentemente citata, era un apparecchio composto da oscillatori audio, una tastiera da tredici pulsanti, un amplificatore e un altoparlante. Sfruttando il suono del segnale di fine chiamata con una frequenza di 2600 Hz, i phreakers, che apparentemente avevano riagganciato la cornetta, riuscivano a effettuare chiamate internazionali a costi bassissimi, se non addirittura gratis.

È una delle prime scatole inventate e rappresenta il simbolo del phreaking nel mondo.

La red box

La red box, invece, imitava il suono del tintinnio della moneta quando veniva inserita all’interno della cabina telefonica. Questo faceva credere al sistema o all’operatore che effettivamente l’utente avesse pagato per effettuare la chiamata. Ma non era l’unica strategia messa in atto; esistevano anche altri tipi di strumenti ingannevoli, come la registrazione su un’audiocassetta oppure l’inserimento delle monete sul telefono affianco a quello da cui si voleva in verità chiamare, per simulare il rumore.

La black box o mute box

La black box era un apparecchio da collegare al telefono di casa pensato per rendere gratuite le chiamate in entrata. Attraverso la manomissione degli impulsi elettrici che venivano inviati al commutatore, si fingeva che il telefono stesse ancora squillando quando in realtà la cornetta era già stata alzata. Il nome di mute box infatti deriva dal fatto che fosse in grado di ridurre al minimo lo squillo del telefono in sottofondo, permettendo così una regolare conversazione, senza pagare.

Phreakers famosi

Tra i phreakers più noti emergono i nomi di Steve Jobs e Steve Wozniak, fondatori di una delle aziende multinazionali più di successo e proficue su scala mondiale, ovvero la Apple. Fu proprio Wozniak infatti a raffinare la tecnica adottata in precedenza da Draper, progettando la blue box. Egli però, oltre a usarla per chiamare gratuitamente, decise di creare un vero e proprio business, vendendo queste apparecchiature porta a porta nei dormitori dell’Università di Berkeley (California), insieme all’amico Steve Jobs, allora studente universitario.

Ad aggiungersi alla lista ci sono poi:

  • Abbie Hoffman: capo del Partito Internazionale della Gioventù fondato nel 1966 negli USA, dove il phreaking assunse una connotazione di tipo politico;
  • Kevin Mitnick: programmatore e imprenditore americano che ha introdotto l’IP spoofing;
  • Kevin Poulsen: giornalista e capo redattore della rivista statunitense «Wired».

L’evoluzione del phreaking

Il phreaking scemò negli anni Ottanta con l’introduzione della tecnologia digitale, che sostituì i vecchi apparecchi telefonici. La digitalizzazione delle reti telefoniche, però, non scoraggiò affatto i phreakers, che continuarono ugualmente a esplorare le nuove tecnologie, nonostante avessero un accesso sempre più limitato alle linee.

Oggi, infatti, non si può più parlare di phreaking, bensì di hacking o cracking; termini a cui viene attribuito un valore negativo e che, generalmente, sono associati ad attività fraudolente.

 

A cura di

Rebecca Brighton


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