Revenge porn: come comportarsi

Cosa si intende con l’espressione revenge porn?

Negli ultimi anni è capitato di sentir parlare assai spesso di revenge porn, locuzione di origine anglosassone che associa la parola “vendetta” (revenge) a quella di pornografia, un fenomeno che ha assunto dimensioni a dir poco preoccupanti e complice è sicuramente una presenza costante e massiccia dei social media nella vita quotidiana. Con revenge porn si intende infatti l’uso distorto che viene fatto di immagini o video privati, a sfondo sessuale, che vengono diffusi sui social network o sul web a scopi vendicativi o estorsivi e senza il consenso della persona ritratta. Il revenge porn viene talvolta anche descritto come una forma di abuso psicologico, violenza domestica o abuso sessuale. 

 

Come si realizza?

La cronaca ha dimostrato come a perpetrare il ricatto sessuale siano soprattutto persone legate alla vittima da un rapporto sentimentale (coniugi, compagni/e, fidanzati/e), che agiscono in seguito alla fine di una relazione per “punire” o umiliare gli ex, facendo uso delle immagini o dei video in loro possesso. 

Frequentemente si tratta di selfie scattati dalla stessa vittima e inviati al partner oppure di video girati in intimità, con la lecita convinzione che sarebbero rimasti nella sfera privata. Spesso, si tratta invece di scatti e riprese avvenuti di nascosto, senza che una delle parti ne fosse consapevole. 

Recentemente, è accaduto che ben trentaquattro donne scoprissero alcuni video intimi che le ritraevano, pubblicati senza il loro consenso sul noto sito porno Pornhub. Le donne hanno sporto denuncia e dato avvio a una causa nei confronti della società che gestisce il sito, presso un Tribunale della California. Non è un caso che una di queste donne abbia anonimamente confessato che il video caricato sul sito era stato girato dal suo ex fidanzato, il quale lo aveva poi pubblicato senza ottenere il consenso della ex.

 

La legge italiana sul revenge porn

Il problema fondamentale e primario del revenge porn è di tipo culturale: manca una educazione che riconosca e avvalori concetti come libertà sessuale e consenso, che porti a non considerare le donne come mero oggetto sessuale. 

Oltre all’importantissimo lavoro sulla sensibilizzazione culturale, bisogna lavorare anche sulle leggi. Da questo punto di vista, esistono già delle leggi (su cui si potrebbe lavorare per migliorarle) che tutelano le vittime di condivisione non consensuale di foto e video:  art. 612 ter. c.p. (diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti), introdotto nel 2019, art. 167 del codice della privacy (trattamento illecito di dati, effettuato senza consenso. Prevede delle fattispecie di penale rilevanza, che possono avere delle pene variabili fra sei mesi e tre anni). Infine, c’è anche la disciplina della pedopornografia, punita con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000.

 

Cosa si può fare in concreto?

Se si nota una propria foto intima, pubblicata senza che si sia dato il proprio consenso, la prima mossa dovrebbe essere quella di contattare immediatamente lo staff del social network in questione. Tutte le principali piattaforme social, infatti, offrono la possibilità di segnalare dei post con contenuti hard, che non rispettano il loro regolamento. 

In secondo luogo, ci si può rivolgere alle forza dell’ordine, in particolare, sporgendo querela alla Polizia Postale e delle Telecomunicazioni. Qualora per la diffusione venissero utilizzati mezzi più tradizionali (ad esempio, manifesti) sarà sufficiente presentare la denuncia davanti ai Carabinieri. Poi, ci si può rivolgere a degli avvocati specializzati sul tema e alle associazioni di categoria come forme di aiuto stragiudiziale (ad esempio, alla associazione Permesso Negato, nata per dare supporto ai soggetti deboli nei casi di segnalazione di Pornografia Non Consensuale, che difende vittime digitali con una linea attiva h24 e una chat).

Si può fare inoltre, una segnalazione diretta al Garante della privacy. La segnalazione può essere fatta anche da soggetti minorenni, perché la legge sul cyberbullismo ha consentito a tutti, minorenni compresi, di agire. Il Garante ha peraltro recentemente reso pubblico un nuovo canale di segnalazione, in collaborazione con alcuni social network. Tutti i soggetti maggiorenni potranno fornire le informazioni utili compilando un apposito modulo, volto ad identificare il materiale, dal contenuto sessualmente esplicito, di cui temono sia avvenuta la diffusione senza il loro consenso. All’interno del modulo è presente la possibilità di caricare direttamente immagini e video pubblicati senza consenso sul social network. Questi verranno distrutti, o comunque se ne impedirà la diffusione.

 

 

A cura di

Martina Nicelli


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