Brexit: quando le fake news veicolano l’opinione pubblica

Ccome tutti sappiamo, il Regno Unito è uscito ufficialmente dall’Europa il 31 gennaio 2020 alle 23:00. Il discusso divorzio, che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di britannici e non, è ormai effettivo e avrà diverse conseguenze sia a livello politico che economico.
Oltre ad avere importanti conseguenze sulla vita delle persone che non potranno più spostarsi liberamente e dovranno quindi munirsi di passaporto, la Brexit ha avuto anche un altro effetto: l’abbondante diffusione di notizie false.

Regno Unito e UE: un’unione da sempre burrascosa

Si sa, la politica è da sempre stato oggetto di fake news. Ma per capire meglio il perché proprio la Brexit sia stata particolare oggetto di diffusione di fake news dobbiamo fare un passo indietro e analizzare il rapporto che, da sempre, intercorre tra Regno Unito e Unione Europea. Un rapporto che è stato caratterizzato da una lunga diffidenza nei confronti dell’Europa; questa sarebbe colpevole, a detta di alcuni, di voler imbrigliare il Regno Unito in un sistema burocratico fortemente macchinoso che penalizzerebbe l’economia e il commercio oltremanica.

Oltre a questo, si aggiungono le frequenti accuse all’UE di essere troppo morbida nella sua politica di accoglienza dei migranti. In particolare, risulta evidente un certo sentimento di rimpianto nei confronti del periodo di isolazionismo inglese; sentimento al quale si mescola una certa insofferenza nei confronti di quelli che vengono definiti i “diktat di Bruxelles”. I tabloid inglesi, a partire dagli anni Ottanta, hanno contribuito a fomentare storie che ridicolizzano Bruxelles e la sua politica, fomentando i cosiddetti “Euromiti”; cronache che prendono spunto da una storia reale, che viene estremizzata, mettendo l’UE in cattiva luce.

L’atteggiamento della stampa britannica e la filter bubble

Se gli Euromiti erano in circolazione negli anni Ottanta, oggi le piattaforme preferite delle fake news per influenzare l’opinione pubblica sono i social. Un report – realizzato dal Reuters Institute for the Study of Journalism e dalla società di analisi Prime Research e pubblicato a ridosso del referendum – ha evidenziato come su un campione di 2400 articoli dedicati all’argomento, il 41% era a favore della Brexit contro un 27% a favore della permanenza nell’UE. Si è posto molto accento sulla posizione del Leave, sovranista e anti-immigrazione, ponendo l’accento sui numerosi vantaggi per la Gran Bretagna di un divorzio con l’UE.

Oltretutto è interessante notare quanto evidenziato da Rasmus Kleis Nielsen, professore di comunicazione politica alla Oxford University, sull’utilizzo delle fonti da parte del giornalismo britannico. I giornali più importanti e blasonati hanno utilizzando fonti esperte, ponendo l’accento su problemi di carattere economico; i tabloid hanno invece utilizzato fonti politiche, perlopiù provenienti dal partito conservatore, a favore dell’uscita dall’UE, e si sono concentrati su argomenti anti-europeisti con toni pessimisti e ipersemplificati. Da qui, la creazione di due vere e proprie bolle, che hanno portato al rinforzo di schieramenti e posizioni già ampiamente delineate.

Come si veicola la fake news: il caso Facebook

Come sappiamo, veicolo delle fake news sono spesso i social. Un esempio di come le fake news riguardanti la Brexit si siano diffuse è il caso Facebook. Questa piattaforma è stata utilizzata in particolare per diffondere fake news a favore del Leave e del partito conservatore. Facebook ha dovuto chiudere diversi gruppi a favore del Leave, come per esempio il gruppo The Brexit Party – Supporters. Questo era gestito da un profilo chiamato Make Britain Great Again, letteralmente “Rendiamo il Regno Unito di nuovo grande”, collegato direttamente a sito Red Pill Factory, contenente un mix di contenuti di estrema destra e contenuti falsi, tra le quali teorie cospirazioniste. Una di queste, per esempio, accusava il governo tedesco di aver ordinato alle prostitute di avere rapporti con dei migranti.

Per quanto riguarda invece il partito del Remain, a favore della permanenza del Regno Unito all’interno dell’UE, la circolazione di fake news risulta essere in misura minore. Alcuni di essi, come il gruppo Labour Against Brexit, hanno condiviso contenuti collegati a siti che ospitano storie false.

Alcune riflessioni

Questa vicenda, riguardante il burrascoso divorzio tra Gran Bretagna e UE, sebbene sia ormai conclusa deve fare riflettere. Ci mostra come le fake news siano un veicolo potente di disinformazione e uno strumento potente per influenzare le masse e le opinioni. Da cittadini, un’arma importante contro la disinformazione è il controllo delle fonti, che, combinato a un pensiero critico, ci consente di compiere scelte libere e non manipolate da coloro che distribuiscono e fomentano le fake news.

 

A cura di

Miriam Salamone


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