Grooming: facciamo abbastanza per evitarlo?

Grooming è un termine inglese che deriva da to groom – guarire, badare, prendersi cura. L’espressione, dalla connotazione apparentemente positiva, in realtà cela una spietata tecnica di raggiro nei confronti dei più giovani. Da una parte bambini e adolescenti ignari del pericolo; dall’altra adulti, potenziali abusanti, che lanciano ami attendendo che qualche pesce abbocchi.

Grooming: l’adescamento a fini sessuali

L’interesse nei confronti di questi giovani innocenti è prevalentemente sessuale. Dopo aver conquistato la loro fiducia, entra in gioco la trappola; un vero e proprio meccanismo di adescamento. Una manipolazione psicologica a tutti gli effetti.
L’inganno può avvenire su diversi livelli. Si può trattare di semplice perversione, senza alcun interesse realmente fisico, oppure di dura imposizione nei confronti della vittima. L’adescatore solitamente segue intricati automatismi: screma e sceglie con attenzione le sue prede. Stabilisce un legame di fiducia, che gli permette di legarsi alla vittima designata.

Il primo passo riguarda alcune richieste legate alla vita privata. Si parte da semplici e banali quesiti, fino ad arrivare alla richiesta di informazioni molto personali. Dal momento in cui l’adulto è certo di non incorrere in elevati rischi, allora parte la fase decisiva: la pretesa di condividere immagini o video a sfondo sessuale.

Il grooming come forma di adulazione

I minorenni vivono spesso male la propria quotidianità. Si sentono fuori luogo e poco apprezzati. Questo tipo di rapporto, sebbene sia virtuale, viene visto come una via di fuga, uno spiraglio di luce. Grazie a questi contatti, il giovane si sente preso in considerazione, corteggiato e adulato e quindi si lascia andare a ciò che gli viene richiesto.

Nonostante l’immediatezza di queste azioni, è altrettanto semplice evitarle. Basterebbe un briciolo di attenzione in più, un’educazione differente da parte dei più grandi e la consapevolezza dell’enorme pericolo nel quale ci si imbatte. Piccoli ingredienti che farebbero la differenza. Ma è altrettanto vero che i giovani non sono sempre inclini a farsi raggiungere, a maggior ragione se vivono una situazione di sconforto.

L’educazione civica digitale

Negli ultimi anni, quella che conosciamo come educazione civica digitale ha ampliato le possibilità di salvaguardia e assistenza ai giovani ragazzi riguardo il grooming. Non si dovrebbe però prendere in considerazione esclusivamente questa categoria, ma si dovrebbe puntare a una generale educazione – compresa quella genitoriale – che possa portare a una piena consapevolezza del problema. Se gli adulti in primis considerassero questa come una difficoltà da risolvere, allora ci sarebbe più cognizione di causa. Ci sarebbero ragazzi più educati e responsabili.

Leggi contro il grooming

Fortunatamente, per un certo verso e sotto alcuni aspetti, il mondo va avanti e migliora. Il Regno Unito, per primo, ha introdotto l’accezione di reato penale accanto alla parola grooming. Dal 2012, anche l’Italia si impegna in questa dura lotta. Con la legge n. 172 ha preso concretezza la Convenzione di Lanzarote, adottata il 25 ottobre 2007. Questa legge disciplina i casi di abuso sessuale sia diretti che indiretti, come il grooming stesso.

L’art. 414-bis – riguardante la pedofilia e la pedopornografia culturale – punisce con la reclusione da tre a cinque anni chiunque, con qualsiasi mezzo, anche telematico, e con qualsiasi forma di espressione, istighi a commettere reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico, di violenza sessuale nei confronti di bambini e di corruzione minorile.
Fondamentale poi è l’introduzione dell’art. 609-undecies, riguardante l’adescamento online di minorenni. Questo stabilisce che per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un soggetto minorenne, ed è punito con una pena da uno a tre anni.

Le leggi sono abbastanza?

In questo modo ci si sente più tutelati? È sufficiente la decisione presa dal Senato?
A questa domanda non c’è risposta. La sicurezza di ogni individuo è singolare ed esclusiva. Qualcuno potrebbe dire che una legge approvata sia il massimo per arrivare alla nostra totale incolumità. Qualcun altro – senza avere torto – potrebbe ammettere l’insufficienza di questa. Non esiste un unico responso.
Esistono però l’attenzione e il rispetto. Prerogative che dovrebbero essere alla base di ogni società. Attenzione nei confronti del pericolo e del prossimo, in primis. Rispetto per noi stessi, innanzitutto, rispetto per quel che ci circonda e per chi ci circonda.

Si è forse matti a pretendere attenzione e rispetto nella nostra società? Visti i tempi di oggi, forse sì. Ma la speranza, si sa, è l’ultima a morire. L’augurio più grande sta nella costruzione di un mondo migliore. Migliore, perlomeno, rispetto a quello di oggi.

A cura di

Giada Miozzo


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