Hate speech e cyberbullismo

L’hate speech, letteralmente “discorso d’odio”, è qualcosa che è sempre più frequente nella realtà digitale. Ogni scusa è buona per fare in modo che i cosiddetti leoni da tastiera si scatenino attaccando orientamento sessuale, religioso, politico e le caratteristiche fisiche di una persona. A oggi l’odio è uno dei problemi maggiori sui social.

Nessuno è escluso da questa forma di violenza. Per esempio, in occasione della cerimonia di giuramento del nuovo governo, la neo ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova, che indossava un abito blu elettrico connotato da balze, è stata presa di mira per il suo fisico e il suo outfit.

L’UE contro l’hate speech

L’odio è ovunque e dilagante. Come un effetto a catena, si diffonde nella rete. Ogni giorno su Facebook e sui social appaiono commenti violenti che aprono discussioni sotto ai post. La pericolosità dell’hate speech è duplice: il danno è istantaneo ma anche destinato a rimanere sul web per sempre, e a ritornare alla ribalta nel momento in cui viene recuperato.

Dallo scorso maggio, l’Unione europea ha varato un codice di condotta che obbliga i big dell’information technology a rimuovere nel giro di 24 ore i contenuti che incitano all’odio. Purtroppo, su 600 segnalazioni, solo 180 hanno portato alla rimozione dei contenuti segnalati. Questo è dovuto al fatto che ancora gli algoritmi e i sistemi di riconoscimento semantico dell’odio non sono evoluti a sufficienza. Quindi, oltre alle leggi che condannano l’hate speech, nel rispetto della libertà di espressione, serve l’educazione civica digitale.
È necessario insegnare all’utenza a usare Internet responsabilmente e nel pieno rispetto degli altri. Sin dalle scuole elementari i bambini dovrebbero essere istruiti sul corretto utilizzo del web.

Social: dall’hate speech al cyberbullismo

Le forme di odio sui social sono le più varie. Esistono i commenti ai post e alle foto. Addirittura, in alcuni casi, vengono creati dei gruppi con il fine di denigrare una singola persona. Questo è successo per esempio all’atleta paralimpica Bebe Vio, che ha dovuto far rimuovere un gruppo che incitava alla violenza contro di lei.

Nel momento in cui viene presa di mira una persona sulla rete, si può parlare di cyberbullismo. Come il bullismo tradizionale, anche questo è una forma di prevaricazione e di oppressione reiterata nel tempo; perpetrata da un singolo o da un gruppo di persone più potenti nei confronti di un’altra percepita come più debole. Il cyberbullismo ha caratteristiche proprie e ormai ben definite. Prima di tutto bisogna sottolineare come questo fenomeno possa colpire tanto gli adolescenti quanto gli adulti. Nelle vittime, qualsiasi sia l’età, compare subito un senso di impotenza e di impossibilità a fermare questa violenza. È forte il rischio che il materiale utilizzato per denigrare possa diffondersi a livello planetario e diventare quindi più difficile da eliminare.

La legge del branco

Questa forma di bullismo non ha vincoli spazio-temporali: ciascuno può avere accesso alla rete h24 da ogni parte del mondo, basta infatti avere uno smartphone in grado di collegarsi al web. I cyberbulli possono essere anonimi e rimanere nascosti dietro allo schermo da cui scrivono. Sul web, come nella realtà, vale la legge del branco: i cyberbulli spesso si trovano a coinvolgere amici e conoscenti, in ragione del fatto che il gruppo vince sul singolo.

Sicuramente l’aspetto più pericoloso è che chi denigra o prende di mira un’altra persona sul web non vedrà mai la reazione di questa. Spesso le vittime di cyberbullismo soffrono in privato e tengono ben nascosto il tutto.

Nel maggio 2017 è stata promulgata una legge con l’obiettivo di:

Contrastare tale fenomeno in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela e educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche.

Esorcizzare l’odio online

Per contrastare il silenzio in cui spesso le vittime permangono, Sprite ha lanciato la campagna I love you hater, con cui il marchio prende una forte posizione contro il bullismo, il pregiudizio e l’omofobia.

Attraverso i canali social del brand e la televisione, Sprite ha ideato delle pubblicità che mostrano alcuni commenti negativi e offensivi che le persone si sentono rivolgere dagli hater. In correlazione vengono anche mostrate le risposte velatamente ironiche che rappresentano un buon modo per esorcizzare l’odio online.

A cura di

Eleonora corso


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