Il 5 febbraio Telegram, nota applicazione di messaggistica istantanea, è stata rimosso dagli store Apple in seguito a diverse segnalazioni di contenuti inappropriati nelle sue chat, salvo poi riapparire poche ore dopo. Phill Schiller, vicepresidente per il product marketing presso Apple, ha dichiarato che la scelta era stata presa in seguito alla scoperta che l’app venga utilizzata per lo scambio di materiale pedopornografico.

La particolarità di Telegram è infatti la funzione di creare chat segrete, che sfruttano la crittografia end-to-end per poter essere lette soltanto da mittente e destinatario, e che prevedono la possibilità di impostare un tempo allo scadere del quale i messaggi si auto-eliminano. Tutto ciò ha a che fare col tema della privacy, ma il passo verso l’illegalità è piuttosto corto: truffe, pornografia e pedopornografia sono all’ordine del giorno in diverse chat, oltre che l’immancabile revenge porn.

In alcuni gruppi, a cui pressappoco chiunque può accedere, si ritrovano uomini e ragazzi di diverse età ed estrazione sociale, accomunati da un unico interesse: condividere video o immagini di donne, quasi sempre ignare dell’attenzione loro riservata. Le fotografie possono essere scatti destinati a fidanzati che, ormai ex, trovano la pubblica umiliazione una vendetta appagante, oppure addirittura immagini di amiche, sorelle, conoscenti o colleghe, prese dai social o scattate di nascosto.

Il web è un luogo di incontro relativamente giovane e forse non è ancora chiaro a molti quanti danni concreti si possano causare online: questi scambi di foto sono una vera e propria forma di violenza e negarlo è inutile.

A far emergere tutto questo fango è stata un’inchiesta pubblicata su Wired.it, condotta da Insieme in Rete. Silvia Semenzin si è infiltrata in diversi gruppi Telegram di questo genere e ha scoperto che si tratta di una realtà vastissima, che va da gruppetti composti da amici a chat che mettono in contatto un considerevole numero di persone. Esistono in rete moltissime pagine a tema revenge porn in quasi tutte le regioni italiane e spesso vengono scambiate immagini di ragazze locali, quindi rintracciabili.

La tecnologia quasi impenetrabile di Telegram a questo punto diventa uno scudo per agire indisturbati e, infatti, i componenti dei gruppi presenti sulla app mandano inviti per accedere alla loro chat sui forum a chiunque si mostri interessato.

Esistono spazi nati per lo scambio di materiale pornografico -ad esempio La Casa del Falegname– che a volte raccolgono anche revenge porn, seppur in modo occasionale. Si trovano, però, moltissimi altri gruppi in cui lo scopo è soltanto l’umiliazione di conoscenti, per esempio Video Segreti conta 42mila iscritti e Foto Segrete 18mila. Una delle chat, con più di duemila membri, nella quale è stato ritrovato il maggior numero di messaggi passibili di reato è Canile 2.0.

La cosa più grave in questa situazione è che non esista una legislazione specifica in Italia, che tuteli da questo tipo di violenze. Non mancano le denunce fatte alla polizia postale, ma i provvedimenti in merito sono inesistenti perché non esiste un reato specifico.

La Semenzin ha rilasciato una dichiarazione che dovrebbe far riflettere:

“Quando io ho cominciato a tirare fuori questo problema un anno e mezzo fa, molti rispondevano che erano cose da maschi. E io dicevo: “Cosa vuol dire che è una cosa da maschio? Non mi sembra che per affermare la tua virilità, tu debba fare questo tipo di violenza

In questi contesti, manca l’educazione civica digitale, manca la percezione che quello che si sta facendo sia una cosa sbagliata, riprovevole e disgustosa. Mancano i confini che nella vita di tutti giorni ci fanno capire cosa sia “giusto” fare e cosa non lo sia. Nel caso del revenge porn in internet per esempio manca la percezione che sia una forma di violenza: in moltissimi lo vedono come una goliardata da spogliatoio.

Al contempo, però, in questi gruppi figurano individui che sanno perfettamente cosa stanno facendo e anzi, si vantano di essere così astuti da sfruttare un vuoto normativo. Anche una volta che il loro sporco gioco è stato svelato da Wired, la preoccupazione maggiore per loro era la possibilità di essere accusati di pedopornografia, il resto non meritava ansie o rimorsi.

In Canile 2.0 gli utenti scambiano foto di nudi come fossero figurine. In un messaggio si legge “è tutto quello che ho” e a essere inquietante è proprio questa semplicità, che rimanda ai giochi d’infanzia. L’amministratore invia una foto della sua ex, ora maggiorenne, ma al tempo dello scatto forse quattordicenne, e la accompagna col messaggio “Mo mi arrestano”.

Un altro componente del gruppo si sbilancia ancora di più, nascosto da un’immagine fittizia e da un nickname inventato:

Telegram esiste apposta per fare tutto quello che è illegale e perverso, per dare libertà a tutti i nostri istinti porcellini.. Tutto quello che altrove viene censurato qui si fa! Altrimenti andate su Facebook dove tutto è censurato. Le femmine sono soltanto carne da fottere e stuprare, da sbattere in rete punto e basta.

 A questo messaggio l’amministratore risponde dicendo di concordare su tutto e aggiungendo “stupriamole tutte ste troie”.

La pubblicazione di un’immagine senza il consenso del soggetto ritratto è illegale, specialmente se questa arreca danno. La pena prevederebbe fino a 3 anni di reclusione, stando all’articolo 167 del codice della privacy. Quando si passa al reato di diffamazione la pena sarebbe dai 6 mesi ai 3 anni, oltre a una multa.

Come prevedibile, la questione si aggrava quando a essere ritratto è un minore, perché l’accusa in questo caso è di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico: la pena prevede da 1 a 5 anni di carcere e una multa che potenzialmente può arrivare a superare i 50mila euro.

Secondo la polizia postale i casi di stupri virtuali che vedono protagonisti i minori sono raddoppiati dal 2016 allo scorso anno.

Questi dati dovrebbero allarmare e dovrebbero spingere all’informazione e verso l’educazione nelle scuole, dato che spesso i colpevoli sono minorenni a loro volta.

Telegram è una piattaforma che in questo senso inquieta, perché si è superato il limite: gli sviluppatori hanno perso il controllo della loro creazione e in questi gruppi non è così raro che si compia il passo dal digitale al reale. Insieme alle foto tante volte si trovano i dati delle ragazze in questione, compresi i numeri di telefono e gli indirizzi di casa. È stato individuato anche qualche utente che ha ricercato informazioni sulle droghe dello stupro.

Il problema è serio, più di quanto in troppi pensino. L’allarme è scattato, ora serve l’intervento di qualcuno: in primis la speranza è che venga finalmente creata una legge che tuteli le vittime di questi crimini; in secondo luogo le scuole dovrebbero includere nei loro programmi delle ore di educazione volte a spiegare nel dettaglio tutto ciò che accade nel web e a far passare forte e chiaro il messaggio che queste violenze sono crimini


FONTI:

CREDITS: