La nuova lotta alla disinformazione digitale

La nuova lotta alla disinformazione digitale

È risaputo che la digitalizzazione, oltre alla semplificazione di diversi processi di pubblicazione, ha anche comportato la diffusione sempre più massiccia di informazioni prive di fondamento. Questo ha influenzato enormemente il pubblico del Web creando falsi miti, sfatandone altri e, in linea generale, danneggiando l’informazione corretta, promuovendo la disinformazione. Dopo anni di quasi assoluta immobilità svariati siti e piattaforme hanno deciso di passare all’azione mettendo in campo diverse contromisure.

 

YouTube e la rimozione di massa

Escludendo ultraviolenza e pornografia, YouTube è sempre stato molto comprensivo nei confronti dei contenuti che venivano pubblicati al suo interno, garantendo spazio a un bacino di utenti sconfinato. Dopo gli eventi del 6 gennaio 2021 (data dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti), il team di gestione ha preso in seria considerazione l’idea di porre ulteriori limiti a ciò che veniva caricato. Con la grandissima diffusione di false informazioni sulla pandemia, limitare è diventato un obiettivo fondamentale al fine di evitare seri danni.

Negli ultimi mesi, infatti, YouTube ha praticato un rastrellamento pressoché totale di canali, utenti e video, rimuovendone una quantità elevata poiché legati a gruppi violenti o promotori di contenuti disinformanti. In particolare, la categoria più colpita è stato il bacino No Vax mondiale, che per mesi ha tentato di influenzare l’opinione pubblica parlando di malattie croniche indotte dai vaccini e teorie cospiratorie degne di Asimov.

 

Meta (Facebook) e gli sforzi nella lotta alla disinformazione digitale

Sebbene nel corso degli anni il colosso di Zuckerberg sia corso ai ripari introducendo regole precise per limitare la nascita di gruppi e comunità violente, gli effettivi risultati di questa campagna di prevenzione non hanno sortito l’effetto voluto. Ancora oggi è possibile trovare gruppi pubblici e privati nei quali la condivisione di notizie false e disinformazione costituiscono la quotidianità. Segnalarle non comporta una rimozione automatica, in quanto queste micro-comunità sono autogestite dai loro creatori e, quindi, hanno un regolamento interno che non va direttamente a intaccare quello di Facebook.

Instagram, tuttavia, ha inserito un sistema di fact-checking automatico molto utile, in grado di scannerizzare e analizzare eventuali foto con testo, inserendo nel post un report che ne attesta la non veridicità in poco tempo.

 

Telegram e le chat (non così) segrete

Non potremmo terminare il nostro lavoro di analisi senza citare Telegram, da tempo diventato una sorta di paradiso per chi vuole chattare o creare gruppi senza farsi tracciare. A seguito delle violenze sfociate nell’assalto alla sede romana della CGIL, i giudici hanno chiesto ai rappresentanti italiani dell’app di dare l’accesso alle Forze dell’Ordine per effettuare identificazioni e controlli. Le indagini portate avanti dalla polizia postale hanno permesso di incriminare istigatori ed esecutori materiali dell’assalto, nonché la chiusura permanente di questi gruppi pirata.

All’interno di essi, oltre a una buona dose di odio quotidiano, sono stati trovati tantissimi contenuti fuorvianti per manipolare l’opinione degli utenti e indirizzarli contro un nemico specifico durante le proteste.

Queste piccole ma significative azioni di contrasto alla disinformazione digitale potrebbero presto sfociare in una vera e propria azione collettiva per mettere alla porta i “bugiardi” della Rete. Ma è noto a tutti che, almeno per ora, la falsità è come un’Idra a sette teste: ne tagli una e ne spuntano due.

 

A cura di

Francesco Antoniozzi


FONTI:

CREDITS: