Il termine grooming deriva dal verbo inglese to groom, ovvero “prendersi cura”. In realtà il suo significato sul web assume un significato tutt’altro che positivo. Il termine indica infatti un reato, ossia l’adescamento di minori in rete attraverso tecniche di manipolazione psicologica.
Come avviene l’adescamento? I groomers contattano degli adolescenti (o nei casi peggiori dei bambini) attraverso internet, con l’intenzione di trascinarli, tramite la manipolazione, in attività a sfondo sessuale. Si tratta quindi di adescatori veri e propri, che lentamente entrano in confidenza con le loro vittime, senza uscire allo scoperto se non quando hanno raggiunto il loro obbiettivo. Il grooming infatti può durare settimane o mesi, durante le quali l’adulto costruisce un vero e proprio rapporto di fiducia col minore, fino ad averne il pieno controllo e convincerlo a soddisfare le sue richieste.
Le sei fasi del grooming
Alcune università e gruppi di ricerca hanno analizzato e descritto questo fenomeno. In particolare la psicologa Rachel O’Connell nel 2003 ha descritto le sei fasi specifiche del grooming. La prima prevede la scelta della vittima e il contatto iniziale. L’approccio viene spesso corredato da una breve descrizione (veritiera o meno) dell’adescatore. La fase successiva è detta friendship forming stage e consiste nell’instaurare un rapporto d’amicizia. In molti casi l’adulto decide di fingersi un adolescente o un bambino, per guadagnarsi la completa fiducia della vittima. È questa una fase che richiede molto tempo e può durare anche alcuni mesi. Segue il cosiddetto relationship-forming stage: l’adulto e il minore diventano quindi più intimi. Si scambiano informazioni personali tra cui anche il numero di cellulare e la conversazione si sposta quindi su un altro mezzo di comunicazione, tendenzialmente più intimo. A questo punto l’adescatore procede e deve convincere la vittima dell’importanza del loro rapporto. Il groomer valuta poi i rischi (risk assessment stage), indagando sulle possibilità di essere scoperto. Nel caso in cui il rischio sia basso, la vittima viene manipolata psicologicamente, affinché mantenga segreta la relazione. Infine, l’adulto introduce argomenti esplicitamente sessuali, fino ad avanzare richieste al minore che, completamente assoggettato, cede.
L’obiettivo dei groomer
L’obiettivo finale degli adescatori è spesso l’incontro dal vivo con la vittima, in modo da poterne abusare sessualmente. In questi casi il pedofilo comprende quanto il minore sia profondamente soggiogato mentalmente e ne approfitta. Gli adolescenti, e sempre di più anche i bambini, hanno oggi accesso a internet. Il web è infatti ormai alla portata di tutti. Questo espone i più giovani a una serie di pericoli che vanno previsti ed evitati. Essi sono infatti più ingenui e inconsapevoli, perciò possono incappare in situazioni rischiose, per curiosità e imprudenza, di cui spesso non si rendono conto.
Il grooming è reato
Il fenomeno del grooming è divenuto reato l’11 gennaio 2011. Per coloro che compiono atti con il fine di assicurarsi la fiducia di un minore attraverso mezzi di comunicazione, la pena che viene applicata è la reclusione da uno a tre anni. L’istigazione a pratiche di pedofilia è invece punita con la reclusione da tre a cinque anni. In questi casi si fa riferimento a chi commette delitti a sfondo sessuale a danno di minorenni. Rispetto al caso sopra citato, non è qui riconosciuto come aggravante l’uso di mezzi informatici.
In Italia i casi di grooming non sono molto diffusi, tuttavia non sono assenti. La proibizione non costituisce però un valido strumento per combattere i pericoli del cyberspazio: è importante che l’educazione civica digitale si rivolga anche ai più piccoli, dal momento che sono ormai sempre più coinvolti nel mondo di internet. Sebbene i nati nell’era digitale apprendano molto facilmente e rapidamente a utilizzare gli strumenti elettronici e a navigare in rete, restano pur sempre possibili vittime ingenue e inconsapevoli.
A cura di
Giulia Bandi
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