Body Shaming

Il neologismo inglese ‘body shaming‘ è entrato in uso solo negli ultimi anni, con l’avvento dei social network, in particolare Instagram e Facebook.
Il suo significato letterale è: far vergognare qualcuno del proprio corpo. Il body shaming consiste infatti sostanzialmente nel criticare la fisionomia di una persona attraverso commenti estremamente negativi.

Body shaming: chi è colpito

Per quanto si possa pensare che le derisioni e gli insulti siano circoscritte a piccole realtà scolastiche e a rari casi di bullismo adolescenziale ampliato nella rete, la realtà dei fatti è molto più complessa. Il body shaming non lascia scampo a nessuno, nemmeno alle modelle o alle attrici. Per i leoni da tastiera, ciò che importa è seminare odio e offendere l’altro. Questo semplicemente perché non rispecchia i canoni di bellezza che la società impone o il suo ideale di perfezione fisica.

Non sono pochi nemmeno i casi di influencer o personaggi del mondo dello spettacolo che hanno deciso di mostrarsi senza trucco, senza filtri o editing sui social per denunciare lo spasmodico bisogno di apparire sempre al meglio solo per rincorrere le aspettative dei follower. Gli occhi devono essere più grandi, i denti bianchissimi, il fisico snello e in forma (ma non troppo), il viso piallato e luminoso, il seno sodo e non troppo piccolo o troppo grande.

Le vittime del body shaming

Le menti adolescenziali sono più fragili rispetto alle più mature, che con il tempo hanno imparato ad accettarsi, con i propri difetti e propri pregi. Gli adolescenti tendono a dare eccessivo peso ai pensieri dei coetanei e ai commenti sul proprio corpo, rischiando di cadere in depressione e arrivando a tentare atti di autolesionismo.

È bene ricordare come gli scherni feriscano a ogni età: non ci si può soffermare sull’idea della maturità della persona a cui vengono rivolte le critiche, né tantomeno sulla volontà, per esempio dei personaggi noti, di esporsi in maniera costante sui social. I commenti costruttivi sono e devono essere ben accettati, ma allo stesso tempo i giudizi sul corpo o sui modi di fare di una persona ledono profondamente la sfera emotiva di ognuno.

Nessun utente può giudicare il corpo di un altro solamente perché per i suoi gusti è troppo magro o troppo grasso, appellandosi spesso a questioni di salute. Se non si conoscono le condizioni del soggetto interessato è anacronistico pretendere di impartire consigli quali mangiare di meno. Affermazioni simili sfociano nel body shaming proprio perché trasmettono come messaggio la necessità che la persona cui sono rivolte cambi.

Body shaming e influencer

Tornando agli esempi delle influencer, possiamo citare Chiara Ferragni, sottoposta giornalmente a commenti offensivi a causa del suo peso o dalla sua taglia di reggiseno. Oppure il bellissimo video sfogo di Camihawke, nel quale, dopo essere stata presa come soggetto per un meme assolutamente ironico, l’influncer spiega di essersi ritrovata a leggere numerose critiche sul suo aspetto, dai commenti sulle lentiggini a insulti ben più pesanti.

Un altro esempio di personaggio famoso che ha deciso di rompere il velo di perfezione è la cantante Demi Lovato, felice di mostrare la sua cellulite, ritenuta off limits per una donna dello star system. Pensiamo anche al caso della ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova, soprannominata meschinamente “balena blu” per la taglia del vestito blu elettrico che indossava durante il giuramento al Quirinale. Da questo avvenimento è nato l’hashtag #vestocomevoglio, per lottare contro la denigrazione.

Come combattere l’odio online

Al momento non è facile affrontare al meglio queste situazioni, sia dal punto di vista emotivo che penale. Le prime azioni da portare avanti dovrebbero essere le seguenti:

  • parlare con qualcuno di cui ci possiamo fidare
  • cancellare i commenti dopo aver salvato almeno una prova dell’attacco d’odio online
  • in caso l’attacco arrivasse da parte di qualcuno che conosciamo, affrontare l’interessato con il supporto di adulti o persone che ci voglio bene.

Dal punto di vista penale in Italia al momento non esistono ancora delle normative specifiche sul cyberbullismo e quindi il body shaming. Un primo tentativo in questo senso è stato il Codice di autoregolamentazione per prevenzione e contrasto del cyberbullismo redatto dal MISE (Ministero per lo sviluppo economico) nel 2014. Possiamo riassumere le responsabilità penali in:

  • percosse
  • lesione personale
  • ingiuria
  • diffamazione
  • violenza privata
  • minaccia
  • danneggiamento

Per quanto riguarda le responsabilità civili:

  • danno morale, riferito allo stato d’animo e al turbamento generale (ansia, tristezza, angoscia) provocato
  • danno biologico, riferito alla salute fisica e psichica
  • danno esistenziale, riferito alla persona, alla sua esistenza, alla qualità della vita futura anche rispetto alle proprie relazioni, alla riservatezza, alla reputazione, all’immagine

Per ultime abbiamo le violazioni amministrative che si riferiscono all’Art. 5 d. lgs. 196/2003 del Codice sulla privacy e prevedono un’ammenda di tipo economico.

 

A cura di

Federica Ventura


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