Outing e Trickery: l’inganno digitale e l’attacco Pull a Pig

Le forme dell’inganno: Outing e Trickery

Sono numerose le sfaccettature del cyberbullismo, inteso come un attacco reiterato e offensivo verso l’altro tramite strumenti digitali. Tra le sue declinazioni, due si raccolgono sotto l’accezione di inganno: l’outing e il trickery. Il primo termine richiama il concetto di confidenza intima, su cui gioca il persecutore. La sua modalità di derisione consiste nel salvare le conversazioni più intime e private con l’interlocutore, al fine di renderle pubbliche con l’inganno. Il cyberbullo conserva così intenzionalmente messaggi scritti, immagini o video, per destinarli a blog o inviarli in blocco via mail.

Molto spesso il carnefice costringe la vittima stessa a condividere con lui confessioni o segreti imbarazzanti con il solo scopo di renderli pubblicamente accessibili agli utenti della rete. In questo caso entra in gioco il secondo termine: trickery, ovvero l’inganno costrittivo che può deviare verso la minaccia votata al ricatto. È possibile quindi che il cyberbullo prometta di mantenere un segreto in cambio di favori, generalmente sessuali. Un atto spaventoso, ma reale, che tuttavia fiorisce in un contesto intimo e confidenziale. Nasce tutto da una conversazione amichevole, che devia però in un rapporto sbilanciato e oppressivo.

L’inganno in Pull a Pig

È il 2013 e tra gli adolescenti si diffonde un gioco virtuale di cattivo gusto che fa dell’inganno la sua bandiera. Ha origine in Inghilterra e prende il nome di Pull a Pig, letteralmente “prendere un maiale”, o più nello specifico “ingannare un maiale”. Nel mirino ci sono donne considerate meno attraenti e in carne, che vengono scelte dai loro carnefici per essere umiliate. Lo scopo del gioco è quello di portarsi a letto una di queste ragazze, per poi instaurare con lei una finta relazione amorosa online. Non appena instaurato un clima di confidenza, il cyberbullo convince la sua vittima a incontrarsi in un posto prestabilito, dove la ragazza non trova però il suo lieto fine.

Ad aspettarla c’è solo un messaggio denigratorio che riceve sul cellulare: “You’ve been pigged”. È ciò che è accaduto a Sophie Stevenson, 24 anni, inglese, il cui caso è stato reso noto dal «Daily Mail». Sophie era in vacanza a Barcellona quando ha conosciuto Jesse Mateman, un ragazzo olandese di 21 anni. Hanno passato una notte insieme, a cui sono seguiti messaggi intimi e frequenti tra i due. Forse complice è stato l’attentato che si è accanito quell’anno su La Rambla e che ha permesso a Jesse di avvicinare Sophie in un clima di paura. Dovevano incontrarsi ad Amsterdam, dove Sophie ha trovato solo delusioni.

C’è una punizione a livello penale?

La ragazza inglese ha dichiarato di essere stata scelta come vittima perché definita la più brutta del locale. Una coltellata all’autostima, compromessa forse per sempre da un inutile atto irrisorio, che tuttavia non è perseguibile penalmente. Questo perché il comportamento non è ascrivibile ad alcun reato penale, neanche in maniera indiretta. La vittima può però agire in sede civile, richiedendo un risarcimento patrimoniale al suo persecutore. Sarà poi a discrezione del giudice destreggiarsi con il caso e trovare la giusta punizione per l’inganno virtuale.

È però lo stesso pubblico digitale ad agire per primo contro il cyberbullo a suon di minacce e insulti sul web. È accaduto questo a Jesse, che ha dovuto ingaggiare un avvocato per difendersi. Nonostante l’attacco virtuale, il ragazzo però ha continuato a negare tutto, sostenendo di aver perso ogni traccia di Sophie dopo il loro primo incontro. Paura, vergogna per un atteggiamento deplorevole che gioca sull’anonimato indistinto del web.

Definizione distorta di bellezza

Questo tipo di comportamento può essere definito come una forma di coesione maschilista e – come afferma Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – raggiunto lo scopo del gioco ci si sente ancora più forti davanti al proprio gruppo di amici complici. Una tribù che si crogiola nell’esercizio del controllo votato all’inganno, nel piacere provato dal carnefice a manipolare e controllare la sua vittima. La donna si riduce così a un oggetto con cui giocare, senza sentimento, senza comprensione, senza empatia.

Le giovani donne si definiscono così in base all’aspetto esteriore. Tendono a omologarsi in una società che offre una visione distorta di bellezza, cedevole sotto la pressione sociale. Le conseguenze possono essere disastrose, soprattutto su un’anima fragile e ferita. Il primo passo è l’auto-colpevolezza, con possibili esiti dannosi come l’autolesionismo o la chiusura sociale, che intaccano profondamente qualsiasi relazione futura. Un comportamento che conduce alla distruzione psicologica, soprattutto in un momento così delicato come l’adolescenza, ma anche in età più matura.

L’inganno da Pull a Pig a Fat Girl Rodeo

Lo stesso fenomeno agisce poi secondo diverse sfaccettature. Ed è così che Pull Pig devia verso Fat Girl Rodeo. Un gioco americano, questa volta, che inneggia allo stesso crudele obiettivo, ma in questo caso più specificatamente indirizzato verso le ragazze in carne, scelte durante le uscite serali. Cambia lievemente la modalità ma alla base risiede sempre la stessa idea distorta di bellezza. Una bellezza che invece dovrebbe valicare gli stereotipi, l’omologazione da fotoritocco, per aumentare la propria sicurezza ed eliminare la paura del giudizio. Una bellezza che dovrebbe fondarsi sul rispetto e la comprensione.

 

A cura di

Francesca Brioschi


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