Perché l’inquinamento digitale è pericoloso?

L’inquinamento digitale è sovraccarico, eccesso, rumore, abbondanza di informazioni menzognere che rifocillano la disinformazione sul web. Il pubblico ne è vittima inconsapevole e deve essere sensibilizzato a comprendere meglio ciò che ha di fronte.

Il termine inquinamento fa pensare necessariamente a qualcosa di dannoso per l’ambiente. Ma nel caso dell’inquinamento digitale, il pericolo nasce nella realtà virtuale e ha conseguenze deleterie. Questo perché esso sta a rappresentare il sovraccarico di informazioni false attorno a un argomento. Rumore, eccesso informativo, sovrabbondante che crea un ostacolo alla vera informazione e rende il pubblico un bacino ricevente, ma anche un motore in grado di produrre quelle che sono definite fake news. Ma a cosa è dovuto l’inquinamento digitale? E soprattutto, perché il falso si propaga più del vero?

Crisi della verità

Accade che il falso, non avendo alcun ancoraggio alla realtà, può muoversi in uno spazio molto più ampio del vero. Uno spazio digitale in cui le voci si propagano, si accavallano e si combattono in maniera indiscriminata. Più fatti, più opinioni lasciate alla loro libera evoluzione o involuzione. Come diceva il filosofo, scrittore e politico Michel de Montaigne:

Il rovescio della verità ha centomila aspetti e un campo indefinito. Ciascuno sceglie prima l’autoconvincimento delle proprie opinioni piuttosto che la verifica scientifica.

La ricerca della verità semina lungo il suo cammino innumerevoli dubbi, ma il falso dona una certezza apparente, avvinghiata all’insicurezza umana e alla mancata autenticazione nella realtà. La menzogna si crogiola in un etere intoccabile, cresce accanto alla verità e si mesce con essa come inquinamento digitale dilagante. Ma come si può stabilire la verità davanti alle fake news? Non è possibile affidarsi a un verificatore informatico, in quanto quest’ultimo dovrebbe valutare ciò che è vero in base a un assetto di credenze che si infonde automaticamente. Un uroboro quindi; un serpente che si morde la coda in un ciclo senza fine.

Prevenzione del falso: responsabilità sociale…

Qui non si parla di norme legislative, ma di attivazione di ciò che la Commissione Europea definisce come iniziative di responsabilità sociale delle piattaforme. Ovvero forme di prevenzione del falso che hanno trovato applicazione su un social network a largo respiro come Facebook, dove sempre più persone si affidano alla lettura di notizie. Si tratta di selezionare articoli con una provenienza veritiera, che abbiano un contenuto valutabile dal pubblico come informativo e che infine siano utili alla comunità locale. Less is more. Togliere il superfluo nella caciara da inquinamento digitale per fare emergere il vero.

Quindi campagne di debunking e di fact checking, oltre che atti di responsabilizzazione all’uso digitale. Questo al fine di combattere, o almeno diminuire, l’inquinamento digitale come vera e propria presenza parassitaria che intacca il web.

…e vaccino digitale

Ma c’è un mezzo ancora più efficace del debunking che si chiama vaccino digitale. Si fonda su un browser (Bad News), attivato nel 2018 da un gruppo di sociologi dell’Università di Cambridge. L’esperimento consiste nel rendere il pubblico un produttore di fake news in modo che, creandole, esso possa più facilmente riconoscerle.

Quella di Sander van der Linden – direttore del Cambridge Social Decisioni-Making Lab – è un’operazione di debunking preventivo o pre-bunk. Funziona come un vaccino, perché espone il soggetto gradualmente a dosi più contenute di un pericolo maggiore. Agisce però a livello psicologico, aiutando progressivamente l’utente a riconoscere il pericolo digitale. La pratica si è rivelata molto utile, sia per la copertura di un vasto pubblico – 15 mila persone – sia per la possibilità di rendere i partecipanti consapevoli artificieri di bombe disinformative.

I giocatori hanno così sviluppato idee, complotti, opinioni, troll e fake news e ne hanno dovuto valutare l’attendibilità prima e dopo il test. Un’azione di inquinamento digitale e conseguente pulizia della spazzatura virtuale da loro creata per gioco. Un gioco che però ha dimostrato una decrescenza del 21% nella credibilità del pubblico. Tanto efficace, quindi, da essere tradotto in nove lingue diverse ed esteso alla versione per più piccoli.

Il pubblico come componente dell’inquinamento digitale

Diviene così lampante il ruolo preponderante del pubblico come giudice, più o meno consapevole, delle notizie che scorrono davanti a uno schermo digitale. Ogni utente è però anche un attore che ha a disposizione molteplici spazi per esprimere la propria opinione. Il pericolo cresce così con l’aumento delle informazioni accessibili, della loro velocità di propagazione e della diminuzione di figure di intermediazione. La natura ibrida dello spazio informativo sul web crea un echo chamber (camera dell’eco), ovvero un campo in cui le opinioni scambiate si sostengono e si rafforzano le une con le altre, amplificando il loro potere comunicativo e dando l’impressione che uno stesso tipo di contenuto continui a rimbalzare.

Ogni idea, ogni credenza veicolata assume validità in virtù della sua affermazione sul web. Da niente è vero a tutto è vero. Questo è inquinamento digitale. Ma chi sono le principali vittime? In Italia si parla di analfabetismo funzionale che, per quanto riguarda la comprensione dei testi, conta 11 milioni di componenti, di cui la maggior parte sopra i 55 anni. Ci sono anche preoccupanti presenze giovanili, principalmente tra chi sceglie di abbandonare precocemente gli studi. Alla mancanza di consapevolezza del pubblico si aggiunge poi una carenza complessiva di competenze digitali di base, più alta in Italia rispetto alla media europea.

La disinformazione digitale è quindi un pericolo allarmante in un nuovo mondo che fa del web il suo portavoce. Le tecnologie avanzano, si infittiscono i loro frutti, ma al tempo stesso questi si ramificano in dati veri e menzogneri. È necessario che gli utenti della rete stiano al passo con la realtà virtuale e siano sensibilizzati al suo uso, messi in guardia da ciò che li può intaccare, così come da ciò che può loro servire per migliorarsi.

A cura di

Francesca Brioschi


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