Quando la vittima diventa colpevole: il victim blaming (parte seconda)

Le conseguenze del victim blaming

Nel precedente articolo ci siamo occupati di trattare approfonditamente il fenomeno del victim blaming. Ora ne vedremo le conseguenze.

La vittimizzazione secondaria

Oltre a ribadire che, ovviamente è sbagliato incolpare la parte offesa, è bene ricordarsi che questa necessita di supporto e assistenza, piuttosto che di inutili commenti che non fanno altro che alimentare la forma mentis tossica promossa dal sistema. La vittimizzazione secondaria infatti, consiste proprio in questo: far vivere un’ulteriore esperienza traumatica ossia una seconda violenza, infierendo con domande inopportune e mancato sostegno.

La vergogna

La vittima, non riconoscendo il proprio ruolo, ha la percezione di essere responsabile del torto subito. La vergogna sperimentata da quest’ultima costituisce un ulteriore fardello da aggiungere alla situazione già di per sé grave, specialmente se il danno subito non viene convalidato. È proprio qui infatti che la vittima inizia ad autocolpevolizzarsi. Inoltre, il fatto di portarla sempre a rianalizzare l’accaduto fa nascere sentimenti di insicurezza e incertezza sull’esperienza vissuta, a tal punto che potrebbe arrivare a dubitare della propria narrazione, ripetendosi che forse se l’è immaginato, che forse non è andata esattamente così oppure che probabilmente si sta sbagliando.

Il suicidio

Quest’ultima conseguenza è sicuramente correlata alla precedente. Il fatto di non essere riconosciuti come vittima e di sentirsi estremamente incompresi e colpevoli può generare, nella peggiore delle ipotesi, pensieri suicidi. I fatti di cronaca purtroppo lo confermano: i giovani in generale, ma in particolare le ragazze che si tolgono la vita perché non riescono a sostenere il grado di vergogna che provano in seguito a episodi di abuso o di Revenge Porn, sono ancora molte.

Il victim blaming: cosa dice la legge italiana

Attraverso il D.Lgs. del 2015 n. 212, l’Italia dà attuazione alla direttiva 2012/29/UE riguardante i diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato.

Uno degli scopi principali della direttiva è tutelare la vittima – alla quale viene riconosciuto uno status di particolare vulnerabilità – per evitare che si verifichi il fenomeno della vittimizzazione secondaria. Infatti, dal punto di vista legale e giuridico si vogliono individuare delle modalità di protezione della vittima da interferenze esterne e contatti con l’autore del reato, che le permettano di testimoniare al processo senza poi dover scontare le eventuali ripercussioni negative derivabili dalla sua presenza.

Conclusioni

Il victim blaming è un fenomeno che ha un forte impatto sia a livello societario che personale. Infatti le vittime devono fare i conti con i danni morali, psicologici ed emotivi successivi a un’esperienza di abuso o di violenza di qualsiasi genere e forma.

Sicuramente uno degli strumenti che possiamo adottare per disimparare questo meccanismo nocivo è l’educazione. Educare le generazioni a un pensiero più empatico e comprensivo cercando di sradicare quei precetti sociali che modellano il nostro essere.

Mettersi nei panni dell’altro e non essere subito pronti a sputare sentenze che, alla fine dei conti, non hanno alcun valore, ma soprattutto non sono utili in quella circostanza. Chiediamoci se ciò che stiamo per dire è essenziale, se è propositivo, se porta a qualcosa di buono. Se così non dovesse essere, riflettiamo su quello che invece potremmo fare per aiutare e mostriamoci disponibili nei confronti dell’altro.

Inoltre, credo che sarebbe importante promuovere campagne di sensibilizzazione sulla tematica rivolta all’intera comunità, a prescindere dal sesso o dall’età. Anche in questo l’informazione è la chiave, perché senza informazione non possiamo sviluppare un pensiero che sia poi sostenuto da solide basi.

Infine, per riassumere brevemente, mi affido a un’analisi svolta dall’Università di Harvard che propone questi due punti fondamentali:

Cose che causano violenza:

  • Gli aggressori;
  • Gli aggressori che decidono di agire.

Cose che NON causano violenza:

  • Bere o assumere stupefacenti;
  • Abbigliamento o trucco;
  • Flirtare o chiacchierare.

A cura di

Rebecca Brighton


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