Cyberbullismo: le leggi italiane in materia

Bullismo e cyberbullismo sono fenomeni sociali di cui si è molto parlato a partire dagli ultimi anni, in negativo e in positivo. Se infatti da una parte il numero degli episodi di cronaca al riguardo non accenna a diminuire, dall’altra l’attenzione alla sensibilizzazione da parte dei media e dell’istituzione scolastica cresce. Rimangono molti però i dubbi che i più si pongono in merito, a partire da questioni quali per esempio come tutelarsi da atti di bullismo e cyberbullismo e le possibilità di ricorrere alle vie legali per ottenere giustizia.

Facciamo un po’ di chiarezza.

Esiste una legge in materia di cyberbullismo in Italia?

Ad oggi, bullismo e cyberbullismo non sono esplicitamente definiti reati dal Codice Penale, ma gli atti perpetrati da bulli e cyberbulli possono comunque essere ricondotti ad altri riconosciuti reato. Questo significa che, pur non esistendo in Italia delle leggi che prendano in carico la questione direttamente, gli atti di bullismo e cyberbullismo sono annoverabili in categorie di reato già oggetto di legge. Il riferimento è in particolare ai reati di percosse e di deturpamento di cose altrui.

Le percosse

Secondo l’art. 581 del Codice Penale, chi percuote un soggetto senza causargli una lesione fisica o un danno mentale clinicamente documentabile è passibile di querela da parte di quel soggetto. Le implicazioni sono le seguenti:

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309.

Vanno poi prese in considerazione anche lesioni volontarie e ingiurie, che hanno implicazioni diverse. Mentre in caso di lesioni volontarie, che causano un danno fisico o mentale documentabile, la pena è la reclusione da sei mesi a tre anni, fino a pene superiori nel caso di lesioni aggravate (art. 582 C.P.), l’ingiuria viene sanzionata solo a livello amministrativo, in quanto della persona va a ledere l’onore, non il benessere psicofisico (art. 594 C.P.).

Da citare in merito anche la diffamazione aggravata, punibile con la reclusione fino a tre anni (art. 595/3 C.P.); se poi l’insulto presenta una marcata componente di tipo raziale, la reclusione può ulteriormente aumentare in durata. E’ a questa tipologia di reato che va ricondotta, per esempio, la pubblicazione di fotografie lesive della dignità personale per il soggetto ritratto.

Il deturpamento di cose altrui

Il collegamento è meno trasparente, ma pensiamo al caso, raccapricciante ma non infrequente, di uno sputo.

L’art. 639 del Codice Penale recita:

In caso di sputi innumerevoli e, quindi, idonei ad imbrattare la cosa altrui, si può configurare il reato di deturpamento e imbrattamento di cosa altrui.

Il cyberbullismo

Nel caso specifico di cyberbullismo, sono diverse le declinazioni del cattivo utilizzo del web legalmente perseguibili. Oltre alla già citata diffamazione, possiamo riconoscere i seguenti casi:

  • Trattamento illecito dei dati personali: le informazioni sensibili che identificano una persona non sono raccolte né gestite secondo legge. Perché questa pratica sia riconosciuta reato penale è però necessario che chi la mette in atto stia agendo per trarre un profitto, per sé o per altri. La normativa di riferimento è, in questo caso, il d.lgs 101/2018.
  • Sostituzione di persona: un individuo si finge un altro soggetto sul web tramite un profilo social fittizio o un indirizzo mail creato sotto falso nome a scopo di trarre un vantaggio economico o di immagine. La normativa in materia è consultabile all’art. 494 del Codice Penale.
  • Accesso abusivo a un sistema informatico: informazioni o immagini tratte dalla vita privata di un individuo, procurate in modo illecito e rese pubbliche sul web e sui social forniscono le basi per l’identificazione di un reato di accesso abusivo a un sistema informatico. La questione è approfondita dall’art. 615 del Codice Penale.

Cyber Security

  • Estorsione sessuale: la vittima immette online dei video o delle fotografie intime, collaborando inavvertitamente con chi perpreta il reato. In seguito, l’estorsore richiede un pagamento in denaro alla sua vittima, che solo concedendoglielo potrà impedire che il materiale venga reso pubblico. Il riferimento è l’art. 629 del Codice Penale.
  • Molestie e stalking: un individuo viene minacciato o molestato reiteratamente; ne consegue uno stato di forte disagio psichico. Quando inoltre vengono diffuse delle immagini dell’individuo in situazioni intime, si parla di stalking. Per approfondire occorre rifarsi agli artt. 660 e 612 del Codice Penale.

Molestie e Stalking

Per ognuno dei casi citati è prevista una pena per chi perpreta il reato, pena applicabile certamente a un soggetto adulto. Ma il cyberbullismo è un fenomeno in larga parte diffuso anche fra i giovanissimi. Cosa accade dunque se a macchiarsi di reati di questo tipo sono i minori?

Se sono i minori a commettere reato?

I minori sotto i 14 anni d’età non sono imputabili; a rispondere per loro sono i genitori, che vengono imputati civilmente per gli atti compiuti dai figli. Diverso è il caso per gli ultraquattordicenni, per i quali sono previste anche la reclusione fino a sei mesi in caso di molestie (art. 660 C.P.) e da sei mesi a cinque anni in caso di atti persecutori (art. 612 C.P.).

Come prevenire?

Di fronte a un panorama tanto ampio e solo relativamente normato, appare chiaro che, prima ancora dello strumento legale, sia la prevenzione a dover essere protagonista della lotta a bullismo e cyberbullismo. L’educazione civica digitale si rende dunque sempre più necessaria: solo utilizzando il web con consapevolezza potremo dirci in gran misura protetti dai rischi del web – senza sminuire le meravigliose possibilità che offre – e solo formando e educando la cittadinanza a un suo uso responsabile riusciremo a prevenire fenomeni di discriminazione e violenza nel variegato mondo di Internet.


FONTI: Codice Penale, consultato online via altalex.com

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