Dai troll ai troll russi: cosa sono?

Ci sono diverse parole appartenenti al gergo di internet di cui ignoriamo il significato, oppure che ci rimandano a un’idea vaga e non definita. Uno di questi termini è troll. Nonostante non tutti siano appassionati di terminologia informatica, è bene che anche i meno ferrati in materia si informino per possedere una corretta educazione civica digitale, fondamentale ai nostri tempi.

Una definizione di Troll

Questo termine indica un soggetto (per lo più anonimo o con una falsa identità) iscritto a una comunità virtuale nella quale interagisce con altri utenti attraverso messaggi provocatori, irritanti, senza senso o errati, con il solo obiettivo di disturbare la comunicazione o irritare. Il troll cerca di nascondersi sotto falso nome, condividendo argomenti conformi all’interesse del gruppo, cercando di interrompere discussioni, dando cattivi consigli e rompendo così la fiducia reciproca della comunità di utenti.

Propriamente il termine troll sta a indicare quei tipici folletti dalla mitologia nordica, creature fantastiche e antropomorfe, spesso maligne. Esiste anche il verbo inglese to troll, che significa muovere un’esca in modo tale da spingere un pesce ad abboccare. L’obiettivo del troll è infatti quello di spazientire gli utenti per dare origine alla così detta flame war, cioè una sorta di rissa virtuale.
Spesso il troll commenta in modo plateale e deciso, con argomentazioni superficiali o insensate, senza conclusioni. Come strumento d’azione, si serve principalmente del cross posting, ovvero la pubblicazione di un messaggio in gruppi diversi per amplificare il disturbo. I troll più perspicaci disturbano a tal punto da spingere alla chiusura una comunità virtuale.

Per possedere una corretta educazione civica digitale occorre sapere che per certi aspetti la figura del troll si avvicina a quella del fake, tuttavia questi termini non sono sinonimi: un fake disturba una conversazione fingendosi qualcun altro, ma potrebbe anche comportarsi in modo pacato e costruttivo; il troll invece può anche non rimanere anonimo ma stravolge sempre la conversazione.

La terminologia

Rimanendo in tema di educazione civica digitale, cerchiamo di fare chiarezza a proposito della terminologia legata al sostantivo troll. Per esempio la parola trolling – tradotto in italiano trollare o trolleggiare – indica il fatto di comportarsi come troll, ma è usato anche  in contesti differenti come il comportamento inadeguato di un utente, che per questo è paragonato scherzosamente al tipico comportamento di queste figure.

La parola deriva da trolling for newbies (trolling per neofiti), frase ironica e provocatrice degli anni Novanta, usata per la prima volta tra utenti veterani che presentavano domande e temi a lungo dibattuti scherzando su come solo i nuovi utenti potessero non capire e perdere tempo a rispondere. Il termine è poi stato esteso per identificare il comportamento di utenti non informati.

Come riconoscerli?

L’intento di un troll è quello di dirottare il normale andamento di una conversazione, spesso con contenuti di disturbo. A spingere un utente ad agire in questo modo è probabilmente l’anonimato, anche se sono dibattute le vere motivazioni: forse per ricerca di attenzioni a causa di un proprio disagio o senso di inadeguatezza, forse per divertimento personale, oppure per un intento più “nobile”, come combattere il conformismo, oppure mettere in discussione le opinioni altrui; ma può essere anche per una ricerca sociologica o per verificare la competenza dei moderatori di un sistema.

Pertanto i messaggi dei troll sono riconoscibili perché:

  • Intenzionalmente volgari, offensivi, aggressivi e irritanti, spesso di critica insensata;
  • Con contenuti insensati (flood) come emoticon, suoni, lettere, testi casuali, link a siti assurdi;
  • Con contenuti fuori tema rispetto alla pagina in cui vengono pubblicati;
  • Intenzionalmente errati, come: “Così è la vita è il miglior film di Roberto Benigni”; quindi anche contenuti di disinformazione. Spesso si sbagliano volutamente nomi o regole grammaticali per irritare gli altri utenti;
  • Sostengono fortemente un’argomentazione errata o opposta a quella della comunità ma basata su fatti verosimili, anche se vaghi e pretestuosi, per cui il troll cerca di farsi seguire dall’intera comunità;
  • Di spoiler, cioè rivela il finale di un film o di una serie tv senza avvertire;
  • Spesso il troll attribuisce a tanti l’opinione errata avanzata da lui, per colpevolizzare altri utenti e distogliere l’attenzione su di sé.

Quattro categorie di troll

Sempre per cercare di entrare in possesso di una corretta terminologia in ambito educazione civica digitale, ricordiamo che le principali categorie di troll sono quattro, in cui rientrano anche numerose sottocategorie:

  • Troll tattici, che pianificano le loro azioni, dapprima unendosi a una comunità in modo collaborativo, in seguito intervenendo con i contenuti tipici di un troll;
  • Troll strategici, pianificano le loro azioni ma in gruppo;
  • Playtime troll, i troll “a tempo perso”, agiscono casualmente e sono facilmente identificabili;
  • Domination toll, che riescono ad assumere la posizione di amministratore di un gruppo senza essere smascherati.

Cosa possiamo fare?

Quando all’interno del gruppo è lampante la presenza di un troll, possiamo innanzitutto segnalarlo ai moderatori, ma soprattutto non rispondere alle sue provocazioni e ignorarlo, secondo il diffuso monito “don’t feed the troll!”. Infatti chi risponde alle provocazione è etichettato come “dirottatore” o “foraggiatore”.
Se siamo un amministratore e il sistema lo permette, possiamo servirci anche di filtri per far sì che i messaggi del presunto troll rimangano invisibili al resto della comunità. È importante non accusare mai l’interessato di essere un troll, perché questo non farebbe altro che aggravare il comportamento del disturbatore.

Utilità dei troll

Potrebbe sembrare strano, ma i troll possono avere anche una loro utilità: come rafforzare l’attività di prevenzione, mantenere unita la comunità nel voler contrastare il loro disturbo, oppure rivelare volontariamente o involontariamente la presenza di altri troll.
L’intervento di questi personaggi può arrivare a influenzare l’opinione pubblica attraverso interventi pianificati che fomentino gli animi soprattutto in periodi “caldi” come durante conflitti politici, sociali ed economici. In questi casi parliamo di vere e proprie organizzazioni ben strutturate di specialisti, che hanno come obiettivo quello di trascinare le folle. Queste hanno spesso origine in Russia, così come negli Stati Uniti e anche in Italia.

In particolare è ormai storia la cosiddetta fabbrica di troll russi – ufficialmente Internet Research Agency con sede a San Pietroburgo – che diffuse frottole per condizionare in senso antidemocratico la campagna elettorale americana del 2016. È di estrema attualità invece l’operazione di Twitter e Facebook che hanno scovato e rimosso un’estesa rete di account falsi creati dal governo cinese con lo scopo di creare disinformazione e denigrare le proteste in atto a Hong Kong.

Pertanto, per non rischiare di agire in modo sprovveduto anche nell’ambito di problematiche di attualità sociale, risulta ancora più necessario avere una corretta educazione civica digitale.

 

A cura di

Ginevra Braga


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