I troll russi contro Mattarella

Quando si parla di trolling online, si inizia automaticamente a pensare ad un esercito di utenti che trascorre intere giornate a provocare altre persone sui social network, al fine di scatenare reazioni e vere e proprie shitstorm.

Ebbene, un caso di trolling ha occupato diverse pagine di giornale durante il 2019. Parliamo degli attacchi diretti contro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del maggio 2019, al tempo del primo governo Conte. Un caso di guerra ibrida condotta dalla Russia risultato poi un falso. Questo episodio si verificò quando fu respinta la domanda di nominare Paolo Savona Ministro dell’Economia. Oltre a scatenare le ire all’interno dei partiti dell’allora governo giallo-verde, si vide una massiccia campagna di odio e trolling contro Mattarella che andò avanti per diverse settimane.

Guerra ibrida russa: le indagini del COPASIR e le ipotesi dei quotidiani

Un attacco così diretto si è visto poche volte nella storia della Repubblica; casi sporadici di vilipendio prontamente puniti dalle autorità si registrarono nel corso degli anni, ma questo assalto fu orchestrato in modo che lo Stato italiano dovesse fronteggiare un’orda di account anonimi che arrivava da più direzioni. L’obbiettivo dell’attacco era utilizzare le dichiarazioni dell’ex vice-premier Luigi di Maio e amplificarle ulteriormente. Quest’ultimo aveva apertamente accusato Mattarella di alto tradimento e ipotizzato l’impeachment del Presidente. I troll hanno preso la palla al balzo, facendo andare hashtag anti-repubblicani in tendenza su Twitter e raccogliendo consensi da quella parte di Italia meno liberale.

Il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR) avviò rapidamente un’indagine interna ed esterna sotto la guida del PM Eugenio Albamonte. Lo scopo era tornare alla fonte e punire i responsabili di questo grave atto di vilipendio. Dopo le prime settimane di analisi, molti profili utilizzati per attaccare il Capo dello Stato risultavano nuovamente dormienti o addirittura cancellati, facendo quindi emergere l’ipotesi che l’attacco fosse stato orchestrato ad hoc: una guerra ibrida voluta dalla Russia.

I giornali, dal canto loro, amplificarono la notizia dell’assalto a Montecitorio come di consueto, senza quasi mai prendere in considerazione le motivazioni che portarono Mattarella e Conte a impedire la nomina di Savona. Dopo lo shock iniziale, i quotidiani hanno valutato le origini dell’attacco. Molte testate ipotizzarono (senza alcuna prova concreta) che i troll fossero stati attivati dal Cremlino per indebolire le autorità italiane; una serie di speculazioni che spostarono la lente di ingrandimento su un altro grande problema: le ingerenze internazionali.

Lo snodo-dati italiano

Già a giugno 2019 Il DIS Alessandro Pansa smentì la responsabilità dei troll russi in questa faccenda. Egli confermò in un documento le vere responsabilità dell’attacco, attribuendole quindi a una rete italiana. Le ipotesi dei giornali  di una guerra ibrida scatenata dalla Russia risultavano quindi del tutto infondate e volte a distrarre sulla vera natura del problema. L’attacco, secondo le indagini, partì quindi dallo “stivale” tramite quello che nel campo si definisce lo snodo-dati italiano, un’organizzazione che si attiva al momento opportuno creando account e sfruttando il tam-tam sui social per utilizzare utenti reali e scatenarli contro un bersaglio.

Non è la prima volta che una rete studiata appositamente nella forma di protesta digitale si attiva sui social. In tempi più recenti, si è vista la medesima azione contro personaggi pubblici come l’attivista Elly Schlein, l’avvocato Cathy La Torre e persino Giuseppe Conte stesso. Si tratta tuttavia di azioni che risaltano poco o nulla; nel concreto, questa rete è formata per il 90% da account falsi o pilotati e per il 10% da spammatori e odiatori seriali. Il più delle volte, gli hashtag mandati in tendenza spariscono entro un giorno, così come i loro promotori.

Lo snodo-dati si trovava nella città metropolitana di Milano, mascherato da una serie di proxies per farlo apparire all’estero; le indagini individuarono una società-ombra che sarebbe specializzata in questo genere di azioni e già attivatasi negli anni passati, quando la politica iniziò a spostarsi dalle piazze ai social network, dando il via alla guerra ibrida.

Combattere i troll

Sebbene vi abbiamo già parlato di questa tipologia di utenti, ci teniamo a sottolineare alcune linee guida universali per non cadere nella trappola di queste persone:

  • Don’t feed the troll: non dategli da mangiare, ossia non rispondete alle provocazioni. Queste persone fioriscono grazie alle reazioni che causano negli altri;
  • Segnalare account sospetti: Twitter ha una policy abbastanza rigida sugli account fake. Una segnalazione è sempre un buon punto di partenza;
  • Non ricondividere tweet e hashtag: una ricondivisione, dal punto di vista del codice, corrisponde a un endorsement. Per evitare di dare visibilità a questi soggetti, è sempre meglio condividere uno screenshot.

 

A cura di

Francesco Antoniozzi


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